Piazza del Campo è una delle piazze più famose e belle d’Italia, a vigilare su ciò che vi avviene c’è una torre dallo strano nome. Mi riferisco, ovviamente, alla Torre del Mangia. Ne conoscete la storia?
Siena? Piccioni, piazza del Campo, bandiere, fonte Gaia, Accademia Chigiana… Queste sono le prime ‘istantanee’ che mi vengono alla mente se penso alla città del Palio. Perché i piccioni? Ve lo spiego subito: da bambina, uno dei miei più grandi divertimenti era buttarmi in corsa all’insegnamento di tali pennuti in piazza del Campo. Sciocco? Probabile, ma infinitamente divertente. Un giorno o l’altro, prometto, vi farò fare una passeggiata anche in una Siena meno nota, ma oggi voglio raccontarvi una di quelle storie curiose che tanto mi piacciono (e che spero sempre piacciano anche a voi).
Una delle torri civiche più famose d’Italia
Che voi abbiate o meno visitato Siena, scommetto che avete tutti in mente la sua iconica piazza: la forma a conchiglia, i palazzi intorno, la grande fonte centrale e la torre. Oggi parliamo proprio di lei: la torre del Mangia. È la torre civica del (bellissimo) palazzo Comunale. È tra le più alte torri antiche d’Italia: gli ultimi merli arrivano a 88 metri all’altezza. Secondo quanto scrive Ranuccio Bianchi Bandinelli, la Torre del Mangia, pur partendo da una levatura del terreno più bassa, raggiunge la stessa altezza del campanile del Duomo di Siena. Potrebbe sembrare un dettaglio senza importanza ma, in realtà, simboleggia il (faticosamente) raggiunto equilibrio tra il potere celeste e quello terreno, senza che nessuno dei due superi o si imponga sull’altro.
Storia di una torre
Sanesi cominciarono una torre… la quale si cominciò in sabato 12 d’ottobre e fecesi in Siena gran festa e vennero i canonici e il chericato del duomo e diceano orationi e salmi e l’operaio del duomo misse in fondo di detta tore alquante monete per memoria di detta tore, e fuvi messo in ogni canto di detta tore nel fondo una pietra con lettere greche, ebraiche e latine, perché non fusse percossa da tuono né da tempesta.
È con queste parole che Agnolo di Tura celebra, nelle cronache del 1325, l’inizio dei lavori che diedero vita alla torre. Nei registri di pagamento del Camarlengo della Repubblica, però, il primo riconoscimento ufficiale dell’edificazione della torre risale al 1338. In tutto, i registri del tempo riportano nell’arco di dieci anni i nomi di otto “operarii turris” che presero parte alla costruzione della torre.
Un altro documento del 1341 chiama in causa per la realizzazione anche Lippo Memmi, famoso pittore e cognato del più noto Simone Martini. A lui è dato il compito di rendere l’edificio più imponente e raffinato delle altre torri che si ergevano per le vie della città. È lui a realizzare il progetto del peculiare coronamento che “spezza” la lunga canna in mattoni. I lavori terminano nel 1348, nonostante la terribile pestilenza che flagella la città. La torre assiste paziente alle vicissitudini senesi fino al 1798, anno di un terribile terremoto. Gli edifici cittadini ne escono fortemente danneggiati ma la Torre del Mangia ne esce incredibilmente illesa!
Il ‘Mangia’ personaggio
C’è ancora una domanda a cui rispondere. Chi è questo ‘Mangia’ che dà nome alla torre? Da sempre i senesi sono soliti chiamare con soprannomi ed epiteti cose o persone. Pensate ai fantini che corrono il Palio: hanno un personale soprannome dato loro dalla contrada con cui esordisce. Nemmeno uno dei primi campanari adibiti a scandire le ore sulla torre, tale Giovanni di Balduccio, “mésso dei Signori Nove”, noto per i suoi sperperi e i suoi vizi legati soprattutto alla cucina, fa eccezione! La sua nota abitudine a dilapidare il proprio stipendio, gli valse il soprannome di “Mangiaguadagni” o, più semplicemente, “Mangia”. Tanto sfortunato da non riuscire neppure a conservare a lungo il lavoro di campanaro!
Già nel 1360 viene installato il primo orologio meccanico. Nel 1400, don Gasparo di Simone degli Ubaldini (famoso per l’orologio del Rialto a Venezia, di Orvieto e di Città di Castello) ne rifà i meccanismi e vi associa un automa per battere le ore sulla campana al posto di Balduccio. Il popolo senese, però, conserva il nomignolo di “Mangia” anche per l’automa meccanico che l’ha sostituito. Questo anche in considerazione delle ingenti somme di denaro che vengono versate per i numerosi interventi di manutenzione e restauro dell’orologio e dei suoi complicati meccanismi. Un altro modo di mangiar guadagni…
La figura del “Mangia” è sempre stata accompagnata da un’aura di mistero e fantasia. L’affetto e la simpatia che il popolo senese gli ha sempre tributato è stata tale che, a partire dal ‘600, gli vengono attribuiti alcuni componimenti satirici (ed erotici) investendolo così anche della dote di poeta.
Il “Mangia” automa
Nel corso degli anni la statua adibita a battere le ore sulla campana non è stata sempre la stessa: numerose opere d’arte e marchingegni meccanici si sono alternati a sostituire il Mangia. La primissima statua viene realizzata in legno, ma nel 1425 è sostituita con una in ottone. Durante i due secoli successivi si hanno notizie di vari restauri all’orologio e all’automa. Nel 1666, con il rinnovamento del Campanone, si registra nei libri di spese la commissione al sarto Camillo Lanciati di un rivestimento in stoffa della nuova statua imbottita di fieno. Ma è proprio il campanone che segna il “declino” dell’automa: infatti, per montarlo sulla sommità della Torre è necessario togliere alcuni merli e l’ingombrante statua del “Mangia”.
L’ultima versione risale al 1759 ed ha le fattezze di un maestoso guerriero, opera scolpita in un unico blocco di travertino dallo scultore fiorentino Angiolo Bini. La statua è così ben visibile dalla piazza, ma ormai priva della sua iniziale funzione poiché, contemporaneamente, è stato installato un orologio che batte le ore da sé. Il “Mangia”, dunque, si limita a ruotare e fingere di colpire la campana con il martello che tiene fra le mani. La statua è definitivamente tolta nel 1780.
Il “Mangia” perduto e ritrovato
La statua del “Mangia”, tolta dalla cima, viene riposta in un magazzino del comune. Abbandonata per anni nei fondi del Palazzo Pubblico, è notata dal Governatore Giulio Ranuccio Bianchi Bandinelli che, nel 1824, la fa trasportare nella sua villa di Pagliaia per ornarne il lago. Quasi un secolo più tardi, il suo pronipote Ranuccio, affermato studioso, casualmente venuto a conoscenza di questo fatto, recupera la statua ritenuta ormai dispersa. Mancante delle braccia, presumibilmente utilizzate come materiale di recupero per la costruzione di un fienile, l’opera, dopo un adeguato restauro, torna di proprietà del Comune di Siena. Ancora oggi è visibile nel Cortile del Podestà, il cosiddetto “entrone”, dove i cavalli che corrono il Palio sostano prima di entrare sul tufo.
La torre, nei secoli, ha subito danni di ogni tipo: incendi, fulmini, terremoti ma non ha mai smesso di essere uno dei simboli della città. Piazza del Campo senza il Mangia non sarebbe la stessa… ma come ammirarla al meglio?
Per quanto mi riguarda, la soluzione migliore è sostare nell’entrone e stasersene con il naso all’insù. Se non soffrite di vertigini e non vi spaventano un po’ di gradini da salire, io tenterei anche la scalata alla torre! Ancora ricordo l’assoluta meraviglia che ho provato, ammirando dalla cima la mia amata Siena. Anzi, sarà il caso che ripeta l’esperienza, prima o poi…