Il teatro Harpa di Reykyavik merita di essere visitato. Perché se da un lato è vero che il contrasto fra la natura islandese e questo edificio così moderno è nettissimo, d’altro canto il teatro si rivela uno scrigno ricco di tesori.
Quando ripenso al mio viaggio in Islanda, le prime immagini che rivedo sono legate ad eventi naturali di incomparabile bellezza. Se però penso a Reykyavik, il ricordo più vivo che ho di è la visita al teatro Harpa, tanto piacevole quanto inaspettata. In realtà si era trattato semplicemente di un modo per ammazzare il tempo, visto che il volo di rientro era molto tardi alla sera e considerato che quanto la capitale islandese ha da offrire era già stato esaurito nelle ore precedenti.
Ma, come spesso accade, sono gli incontri fortuiti quelli più felici. E una certa dose di fortuna ha reso quell’esperienza ancora più speciale: non solo la guida del teatro parlava italiano, ma da ragazza aveva pure studiato musica e… per noi ha cantato! La signora, della quale purtroppo non ricordo il nome, intendeva così farci apprezzare l’acustica perfetta della sala da concerto e anche fare un omaggio al nostro Paese. Inutile dire che entrambe le missioni le siano perfettamente riuscite. La sala era avvolta nella penombra, solo una piccola parte del palcoscenico era illuminata; il suono ci ha avvolto suadente regalando un’emozione che a lungo è rimasta palpabile.
Usciti nel foyer, il contrasto con il buio di pochi istanti prima è stato ancora più evidente, ma non fastidioso. Harpa, infatti, è una sorta di scrigno di vetro, che cambia colore a seconda della luce del giorno. E se dall’esterno l’edificio era sembrato una grossa scatola blu, all’interno ha rivelato tutta la sua magia perché i colori si scomponevano e giocavano con le superfici, invitavano i visitatori a muoversi nello spazio alla ricerca di un’esperienza tattile e visiva al tempo stesso, davano l’impressione di essere in un mondo a parte, lontanissimo eppur legato al paesaggio circostante, grazie alle terrazze affacciate sul mare e sui monti dell’entroterra.
E, solo dopo essersi immersi in questa luce quasi mistica, il nome Harpa ha acquistato significato: certo il richiamo allo strumento celtico è facile a trovarsi e, infatti, tutti avevamo pensato a quello… Harpa, però, è anche il nome di un mese del calendario nordico: il primo giorno di quel mese coincide con l’inizio dell’estate, proprio quando la natura si veste di luce e di colore. La luce porta vita, la vita crea l’arte. E, in questo senso, la nostra visita è stata un’esperienza fuori dal comune.
Prima di concludere, qualche informazione: Harpa è stato inaugurato nel 2011 ed ha già attratto più di 7.000.000 di visitatori. Il progetto, che si deve a Olafur Eliasson, Henning Larsen Architects and Batteríið Architects, ha vinto numerosi premi. La struttura che è, al tempo stesso, sala da concerto e centro congressi e che ospita anche un ristorante, una libreria e una caffetteria. Il suo nome è stato scelto fra una rosa di oltre 4.100 proposte dettate da circa 1.200 cittadini… alla fine hanno avuto buon gusto!