Quanti anni servono per avere del buon sughero? E dove si possono ammirare splendide querce da sughero? Un viaggio nel dolce Alentejo può fornire ai curiosi interessanti risposte.
Ho avuto il piacere di visitare diverse volte l’Alentejo, bello e discreto. Ancora si sentono cinguettare i passerotti e ancora, di notte, si può ammirare la Via Lattea. Ciò a causa di una densità di popolazione abbastanza ridotta e, soprattutto, di uno stile di vita che è ancora a misura d’uomo. Già questo sarebbe sufficiente per inserire la regione fra quelle più indicate per trascorrere autentiche vacanze per il corpo e per lo spirito.
Come spesso accade per i luoghi dell’anima, l’Alentejo è misconosciuto perché per questa terra non ci si passa: bisogna proprio andarci. E, attraversandolo, i colori della natura offrono una tavolozza assai ampia. Certo l’alternarsi delle stagioni cambia notevolmente il panorama, sicché il verde tenero di una giovane primavera lascia presto il posto ai gialli carichi tipici dell’estate infuocata. C’è però una particolare tonalità di verde che dura più a lungo e fa bella mostra di sé a perdita d’occhio: quello della chioma delle querce da sughero. Scure e uniformi, le foglie promettono un’ombra solida e creano un curioso contrasto con il fusto, che presenta tonalità che spaziano dal rosso cupo al grigio chiaro.
Non saprei dire perché, ma da sempre l’albero del sughero è stato per me motivo di fascino e curiosità. Sarà forse per il materiale straordinario che da millenni regala all’umanità o magari per la sua forma dinoccolata, ma a me il quercus suber piace da sempre. Non a caso, quando mi capita di condurre visite guidate a Villa Carlotta, sul lago di Como, o nel giardino di Villa Augusta a Varese sempre mi soffermo qualche istante di fronte a questo albero delle meraviglie.
Devo ammettere però che le querce dell’Alentejo, quanto a maestosità e bellezza, sono tutt’altra cosa. E, se volete giocare al lotto, in Portogallo la combinazione vincente è questa: 20 – 9 – 13. Questi numeri non hanno nulla a che vedere con la smorfia napoletana, ma racchiudono il segreto per la produzione del sughero. Occorrono 20 anni per far sì che una pianta messa a dimora abbia la corteccia pronta per il primo “strappo”. Dopodiché il sughero può essere ottenuto dalla stessa quercia ogni 9 anni per un massimo di 13 volte. Se poi si guarda con attenzione il fusto, si riesce a leggere un’altra cifra, che va da 0 a 9: indica l’anno in cui è stata effettuata l’ultima raccolta. 5, ad esempio, sta per 2015.
Numeri a parte, è facile riconoscere gli alberi da cui è stato appena preso il sughero: hanno il tronco liscio e rosso scuro, che vira sempre più verso il marrone e poi il grigio mano a mano che passa il tempo.
Una volta estratto, il sughero viene bollito, per togliere eventuali parassiti e insetti, e poi essiccato. Avviene poi la delicata fase della cernita, a seconda della porosità: la maggiore compattezza indica una qualità più elevata. Non vi sono comunque scarti, perché tutto può essere lavorato e agglomerato per dare origine ai più disparati prodotti. Oltre ai classici turaccioli, in Portogallo si possono trovare borse, scarpe, ombrelli e souvenir vari. Senza dimenticare i manufatti impiegati nell’edilizia e in vari settori industriali.
Ve lo auguro davvero un viaggio in Alentejo, dove il tempo scorre lento. E, se per caso vincete al lotto, ricordatevi della Guida Curiosa!
Per saperne di più sull’Alentejo visitate il sito ufficiale http://www.m.visitalentejo.pt/en/