Ci sono tanti modi di viaggiare. In Note che raccontano la storia Alessandro Vanoli propone un percorso che attraversa continenti, epoche e culture, focalizzandosi sui suoni e su quanto questi abbiano avuto significato per l’umanità.
Amo la musica, sin da bambina. E’ sempre stato il mio rifugio, il mio modo per viaggiare con la fantasia e, anche, per ritrovare me stessa. Per questo, quando sullo scaffale di una delle mie librerie preferite ho visto Note che raccontano la storia, l’ho acquistato subito. Poi è rimasto sulla scrivania per qualche mese, in silenziosa attesa. Si è fatto anche un paio di viaggi in valigia, ma non sempre in tour ho tanto tempo per leggere. Poi, alla fine, è arrivato il suo turno. E sono rimasta incantata.
E’ un saggio molto agile, suddiviso in tredici capitoli e coronato da un’interessante conclusione. Ogni suono, che sia quello prodotto dalla lira nell’antichità greca, quello della voce umana cara alla tradizione del monachesimo occidentale o quello squillante della tromba di Louis Armstrong, è l’occasione per svelare un pezzettino di mondo. Ho molto amato, ad esempio, l’excursus fatto a proposito dei tamburi con cui l’esercito ottomano terrorizzò Costantinopoli. Dal Bosforo a Mozart e ritorno. Come a dire: quasi tre secoli e due culture lumeggiate in una decina di pagine. Non c’è pretesa di esaustività, ovviamente; al contrario, l’autore gioca con continui rimandi, stuzzicando la memoria di ciò che già si sa e la curiosità per quanto magari non è così noto.
Il sottotitolo di Note che raccontano la storia è “I suoni perduti del passato”. E, a ben pensarci, anche questa sollecitazione è preziosa. Quanti di noi, pensando ai piroscafi che all’inizio del Novecento hanno accompagnato tanti nostri connazionali durante l’emigrazione verso le Americhe, pongono mente ai canti, alle musiche, ai timbri che li hanno accompagnati. E Vanoli, attingendo a documenti dell’epoca, ci presenta il sottofondo sonoro, fatto di fisarmoniche e di melodie popolari. E quanti sono in grado di immaginarsi come dovessero suonare i primi rudimentali flauti che i nostri progenitori usavano nelle caverne?
Si dischiudono mondi, si ragiona di “oriente” così come di “occidente”, di musica colta e di musica popolare. E, in fondo, l’autore ci ricorda che, consapevoli o meno, la nostra storia e la Storia tout-court sono intrise di note e di melodie. Che certo c’è un fattore culturale importante che ha indirizzato i nostri gusti in un certo modo, ma che, d’altra parte, dalla musica e dai suoni non si può prescindere.
Alessandro Vanoli, Note che raccontano la storia, Il Mulino, Bologna, 2022