Vi è mai capitato di sentir parlare di nodo Borromeo? Se avete visitato una delle proprietà della nobile famiglia è assai probabile. Oppure se avete un po’ di dimestichezza con la matematica.
Lo ammetto senza difficoltà: in matematica sono sempre stata una schiappa. Eppure ci sono degli aspetti della materia che mi affascinano. Purtroppo, di solito, sono quelle questioni che non hanno alcun tipo di utilità pratica. Ma pazienza; se non altro appagano la mia naturale curiosità.
Una delle particolarità matematiche in cui mi sono imbattuta nel mio lavoro ha pure un nome altisonante: si chiama nodo Borromeo. Studiando infatti la storia della famiglia e delle sue residenze, ho dovuto imparare a conoscere anche i simboli che da secoli contraddistinguono il nobile casato. L’unicorno per la purezza, il dromedario per la pazienza, il morso per la fermezza, il cedro a ricordare i rigogliosi giardini.
E poi c’è lui: il nodo Borromeo. E’ formato da tre anelli interconnessi a ricordare, si dice, le tre famiglie che governarono Milano dal Medio Evo agli esordi dell’Evo Moderno: Visconti, Sforza e, appunto, Borromeo. La simpatica constatazione che qualche volta sento fare ai bravissimi colleghi del palazzo dell’Isola Bella non la svelo… andate a visitare l’isola e lo scoprirete da voi!
Ma torniamo all’emblema. Qualcun altro sostiene che i tre anelli simbolizzino la Trinità e che tale disegno sia stato introdotto in famiglia dal cardinal Federico Borromeo, arcivescovo di Milano e cugino di san Carlo. Non ho purtroppo mai trovato delle fonti certe a riguardo. Però in effetti il richiamo trinitario ben si inscriverebbe nelle temperie della fine del Cinquecento dell’inizio del secolo successivo. Periodo, quello, molto complicato dal punto di vista religioso, politico e sociale.
Quello che però mi ha sempre affascinato del nodo Borromeo è l’aspetto matematico della faccenda. Innanzitutto, mentre i tre anelli insieme non si possono separare, se si rompe un anello, gli altri due si trovano automaticamente sciolti. Come a dire che le famiglie ivi rappresentate erano interconnesse e, dimenticata una, le altre avrebbero perso di senso. Insomma: l’unione fa la forza, soprattutto quando si tratta di giustificare la trasmissione del potere da una casata a un’altra. Fatto sta che, tutte le volte che vedo il nodo, per un qualche motivo mi sento in dovere di controllare che esso sia stato disegnato bene. Quindi mentalmente faccio la prova e immagino che un anello sparisca per vedere se i restanti possono essere separati o meno. Vezzi da Guida Curiosa…
Ma c’è di più: il nodo Borromeo ha una valenza scientifica tutt’altro che di poco conto. Esistono infatti studi di fisica in cui si invoca proprio il simbolo della famiglia feudataria del lago Maggiore per spiegare l’interconnessione di molecole. Perdonatemi, ma oltre non so andare! Trovo però molto interessante che un simbolo nato per rappresentare una famiglia esista, seppure a livello dell’infinitamente piccolo, nella realtà. Un po’ come la successione di Fibonacci, serie numerica dove ogni numero si ottiene prendendo la somma dei due che lo precedono che è alla base di diversi fenomeni naturali.
Se poi vi state chiedendo che cosa c’entri il link citato nel titolo, ad essere precisi si dovrebbe parlare di link Borromeo e non di nodo. Questo perché, in matematica, il nodo è una “curva semplice chiusa nello spazio” (nel nostro caso ogni anello è un nodo), mentre il link è una “collezione di nodi”. Naturale per noi “digitali” pensare ai rimandi che il web ci consente di utilizzare per cercare questo e quello, approfondire e passare da un argomento all’altro. Ma, ben prima dell’accezione oramai comunemente usata, il termine “link” (letteralmente “collegamento”) aveva già ampiamente spazio in quella branca della matematica che va sotto il nome di “teoria dei nodi“.
Me ne rendo conto: ognuno ha le sue stranezze e fra le mie c’è sicuramente il desiderio di andare a caccia di argomenti poco frequentati. Ma, d’altra parte, non sono forse la Guida Curiosa?