C’è una Parigi di cui io mi innamoro ogni volta. Ovvero quella meno nota ai turisti e che ogni volta mi regala momenti di straordinaria meraviglia. E oggi vi racconto uno dei luoghi che non mi annoia mai: il museo Rodin.
Io e Daniela ci siamo sacrificate: in un pomeriggio di dicembre abbiamo ‘rinunciato’ allo shopping pre-natalizio e siamo tornate al museo Rodin. Volevo raccontarvelo e non volevo rischiare di dimenticare qualcosa di importante… Ok, lo ammetto: questo articolo è stata una scusa (perfetta) per tornare in uno dei luoghi parigini per me irrinunciabili.
Il 77 di rue Varenne
Se anche non foste interessati all’arte di Auguste Rodin, l’hôtel Biron, gioiello del rococò parigino, meriterebbe tutta la vostra attenzione. Questo elegante edificio, diviso su due piani, ospita molte delle numerose opere di Rodin, mio scultore preferito. Qui, l’artista, reputato universalmente il progenitore della scultura moderna, ha vissuto la parte finale della sua vita. Nel 1908 è lo stesso Auguste a trasformare il palazzo del XVIII secolo nel suo personale “show room”. Come dargli torto? Le stanze, il giardino, tutto sembra nato per mettere in risalto la sua opera. L’hôtel Biron diventa vero e proprio museo già nel 1919. Da principio più limitato nel numero di opere, oggi il museo Rodin offre in ben 18 sale. Basta percorrerle per scoprire l’intero percorso artistico di Rodin: dai suoi ‘esordi’ nel 1900 all’Expo Universale (dove ottiene un padiglione privato), fino alle sue ultime opere.
Come affrontare la visita del museo Rodin?
Ma come si visita un museo come questo? D’istinto vi risponderei: spalancando occhi e cuore e lasciandosi invadere dalla bellezza. Mi rendo però conto che potrebbe non bastarvi come consiglio… Per prima cosa, dunque, se il tempo atmosferico ve lo consente, passeggiate in giardino! No, non sono impazzita, non vi mando in un museo per passeggiare, ma in questo piccolo e delizioso parco si trovano alcune opere che non potete assolutamente perdere.
Un grande classico: il Pensatore
Partiamo con il ‘botto”: al nostro ingresso troviamo subito un capolavoro. Il pensatore è una delle sculture più celebri del nostro artista e sono sicura che la conoscete tutti. Appartato tra una quinta (perfettamente studiata) di arbusti, questo meraviglioso uomo immerso nei suoi pensieri fa capolino. Il suo corpo è possente, a segno di una grande forza fisica ma la posa, l’atteggiamento, indicano anche la sua profondità spirituale. Rappresentazione, per Rodin, del poeta italiano Dante, questa statua doveva inizialmente ornare il timpano della Porta dell’Inferno, opera (purtroppo) mai interamente realizzata.
Sappiamo che Rodin aveva pensato di inserire nella porta la figura di Dante senza Virgilio, sua guida. Posto in cima a una roccia, al centro del timpano, in solitaria meditazione, Dante guarda in basso verso il tragico, terribile mondo dei dannati. Nel giro di pochi anni però, la figura si “stacca” dall’opera e si trasforma, assumendo una nuova immagine e portata simbolica più universale: da Dante si trasforma in un Pensatore moderno, il simbolo dell’essere umano nudo, che medita sul suo destino e prende matura consapevolezza dei dolori che lo attendono.
Rodin eseguì una prima versione dell’opera in gesso intorno al 1880. Il primo bronzo monumentale fu fuso nel 1902 ma venne presentato al pubblico solo due anni dopo. La statua diventa proprietà della città di Parigi, grazie a una sottoscrizione organizzata dagli ammiratori dello scultore, e viene collocato di fronte al Pantheon nel 1906 (dove rimane fino al 1922).
Vagando per il giardino
Prendetevi tempo: il museo Rodin ha bisogno di calma. Prestate orecchio al silenzio di questo giardino. Nonostante les Invalides sia vicinissimo e anche gli Champs Élysées siano a poca distanza, in questo angolo di città, i rumori sono sempre ovattati. Se potete, sedetevi su una delle panchine e ammirate la facciata dell’hôtel Biron o mangiate qualcosa nel piccolo ma accogliente bar del parco.
Balzac
Il primo a promuovere l’idea di un monumento a Balzac, nel 1850 (alla morte dello scrittore) è il ben noto Alexandre Dumas. La Société des Gens de Lettres, fondata tra gli altri da Balzac stesso, commissiona l’opera allo scultore Henri Chapu nel 1885, ma l’artista muore senza completarla. Sarà Emile Zola a chiedere l’intervento di Rodin. Auguste accetta con entusiasmo ma, invece che consegnare la statua nei due anni pattuiti, ci lavorerà per ben sette anni! Tanto che l’inaugurazione ufficiale del monumento in boulevard Raspail avviene nel 1939! Cinquant’anni dopo l’affidamento dell’incarico a Rodin e vent’anni dopo la sua morte.
Ossessionato dal progetto, Rodin compie studi e ricerche iconografiche su tutto ciò che riguardava le rappresentazioni di Balzac, studiandone anche il carattere e la personalità, in modo simile all’approccio dello scrittore allo sviluppo dei suoi personaggi. Il fotografo Nadar gli viene in soccorso, reperendo un dagherrotipo di Balzac scattato nel 1842. La vera svolta, però, arriva quando Rodin trova delle caricature che mostravano Balzac nel suo solito abito da lavoro: una vestaglia bianca. Rodin vuole di più: trova uno degli ex sarti di Balzac, ancora in vita, e gli ordina tutti i tipi di abiti per fissare l’altezza, la silhouette e la corporatura del soggetto. Rodin vuole realizzare un Balzac vestito con un abito da monaco simile alla sua vestaglia.
Gli studi e le varianti saranno numerosissimi e variegati: mille modi di raccontare l’autore della Commedia umana. I committenti sono sconvolti dal risultato. Faticano a riconoscere l’amato Balzac. In realtà, la grandezza di quest’opera risiede nel fatto che Rodin costringe lo spettatore a riconoscere il risultato di un processo creativo nell’opera d’arte. Il significato non è predefinito ma emerge dall’esperienza stessa. La superficie dell’opera diventa il punto di convergenza tra l’azione esterna dell’artista e la traccia del suo lavoro. Lo scultore infatti non realizza un ritratto tipico di uno scrittore: il suo Balzac è una potente evocazione del genio visionario il cui sguardo dominava il mondo.
La Porta dell’Inferno
Arriviamo finalmente a La Porta dell’Inferno! Quest’opera straordinaria non è altro che un prototipo ma è tra le creazioni migliori dello scultore. Rodin vi lavora per oltre trent’anni: ne ricava un magnifico portale monumentale ricoperto da vari bassorilievi chiaramente ispirati all’inferno dantesco. Alta oltre quattro metri, la Porte de l’Enfer viene commissionata nel 1880 a Rodin da Edmond Turquet. La richiesta era di un prospetto per una porta ornamentale da collocare al Musée des Arts Décoratifs, al tempo ancora in progetto.
I lavori sull’opera si sarebbero dovuti concludere nel 1855 ma si protrassero per quasi quarant’anni, fino alla morte di Rodin. L’artista non vide mai la fusione bronzea definitiva della propria opera, ma dal modello in gesso vennero ricavati otto originali multipli, custoditi in vari musei sparsi per il mondo. Osservate l’opera da vicino, da lontano, come preferite… divertitevi a individuare Dante Alighieri, Paolo e Francesca, il Conte Ugolino e Adamo ed Eva!
I borghesi di Calais
E ora ripassiamo un po’ di storia! Andiamo ad ammirare Les Bourgeois de Calais. Si tratta un’opera commemorativa che racconta un episodio avvenuto durante la Guerra dei cent’anni. In cambio della liberazione della loro città, sei cittadini di Calais si offrirono come ostaggi, già con il cappio al collo, all’esercito inglese. La regina consorte del re di Inghilterra Edoardo III, impressionata da tale gesto, decise la loro liberazione. I personaggi sono ritratti nel momento in cui lasciano la città e vanno incontro alla morte.
Si tratta di un’opera molto intensa, quasi teatrale. Il gruppo scultoreo cerca, attraverso i gesti dei corpi e le espressioni dei volti, di rendere gli stati emotivi e psicologici di ciascuno dei protagonisti, offrendo una visione patetica e umana di una novità assoluta. Eustache de Saint Pierre viene ritratto come un vecchio nobile con la barba e i baffi, che porta su di sé tutta la sofferenza degli uomini.
Jacques de Wissant, curvo, avanza con risolutezza, cercando di scacciare dai suoi occhi l’immagine di un incubo. Pierre de Wissant, con il corpo e il volto ancora rivolti all’indietro, fa il primo passo verso il sacrificio e alza il braccio, proclamando tutta la vanità del mondo. Andrieu d’Andres, con la testa tra le mani, sembra nel pieno della disperazione; Jean d’Aire, aspro e fiero, a testa alta e con le mani giunte che stringono le chiavi della città, sfida la morte in uno sforzo supremo di volontà. Jean de Fiennes, il più giovane, con le braccia aperte, sembra trasfigurato dalla cosapevolezza del sacrificio compiuto.
On entre
L’autoritratto di Auguste Rodin
Finalmente si entra! Ora viene la parte difficile della mia impresa: scegliere poche opere ‘indispensabili’ del museo Rodin. La verità è che in ognuna delle sale potrei indicarvene almeno un paio. Per questo, ho deciso di segnalarvi quelle che mi suscitano una particolare emozione. Dopo aver ‘salutato’ Rodin e il suo bellissimo ‘autoritratto’, vi consiglio di perdervi nella contemplazione dei busti di giovani donne in cui lui era un vero maestro. C’è persino una nuova arrivata: la maison Dior ha partecipato all’acquisto di una splendida ragazza con delle rose tra i capelli. Incantevole, chissà perché me la figuro perfettamente come protagonista di un racconto di Irène Nemirovsky…
La cattedrale
Eccoci. Queste due mani, da sole, valgono il biglietto di ingresso al museo. Adoro questa scultura che trovo, da sempre, potentissima. La prima versione della Cattedrale venne realizzata in pietra. La scultura ritrae due mani destre, e dunque, per deduzione, le mani di due persone diverse. Inizialmente intitolata L’Arche d’Alliance, alla fine prese il titolo di Cattedrale, attribuitole indubbiamente dopo la pubblicazione, nel 1914, del libro di Rodin Le cattedrali di Francia. L’esistenza di uno spazio che separa le due mani (che non si toccano, essendo appena separate) richiama gli archi dell’architettura gotica.
Quest’opera fa parte di una serie di mani scolpite nel marmo da Rodin dopo il 1900: Il segreto, La mano di Dio, La mano del diavolo… A voi la scoperta di quella che vi colpisce di più. Io ho già scelto: che le mani si cerchino o si siano appena ‘lasciate’, la tensione emotiva è così intensa…
Il bacio
Anche se non è tra le mie sculture preferite, non posso non segnalarvi un grande classico: Il bacio, detto anche La fede o L’amore profondo come i sepolcri. Scommetto che già la conoscete. Di quest’opera ci sono numerose versioni, una di trova persino ai giardini delle Tuileries. In realtà, questo non è un semplice bacio ma è la raffigurazione di Paolo e Francesca. La coppia evocata nel V canto dell’Inferno è quella formata da Paolo Malatesta e Francesca da Rimini, colpevoli di un amore che ne causa la morte e la dannazione.
Il primo abbozzo della coppia era una voluta sul battente sinistro della Porta dell’inferno. Rodin decide poi di non inserirla perché la tematica della passione così rappresentata si integrava poco con la drammaticità della Porta e perché quest’opera ha una propria indipendenza che mal si integra con le altre figure del battente. Secondo alcuni, la giovane studentessa di disegno Camille Claudel, divenuta poi amante di Rodin, è stata ritratta nella figura di Francesca. Tuttavia, il modello originale è databile 1882, mentre la giovane scultrice entra nello studio di Rodin nel 1884. Dunque pare impossibile possa essere lei, nonostante l’opinione comune. Il corpo di Paolo, in squadra, come un perno, è come esitante, mentre l’arabesco del corpo di Francesca si dispiega intorno a quello dell’amante.
Un consiglio: il gruppo scultoreo ha una forma triangolare, cosa che lo rende perfettamente osservabile da ogni parte. A voi scegliere la prospettiva migliore!
Ora mi fermo… temo di annoiarvi troppo ma soprattutto di togliervi il gusto di scoprire le vostre opere preferite! Vi auguro di cuore di innamorarvi del museo Rodin come è successo a me.
Tour leader e guida turistica per professione, sono viaggiatrice per passione. Dopo la laurea in Filosofia, sono partita alla scoperta del mondo. Dal 2017 vi narro curiosità e storie dai miei viaggi, vicini e lontani.
D'ora in poi, come in una sonata a quattro mani, Francesca, viaggiatrice provetta e curiosa, racconterà con me. Qualche volta partiremo insieme, altre separatamente. Ma sempre con lo stesso entusiasmo e la stessa passione per il mondo.
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