Storia di un’abitudine in via di estinzione: la cartolina.
Quando avete ricevuto (o spedito) l’ultima cartolina? Immagino che molti di voi non lo ricordino nemmeno. E pensare che, fino a una ventina di anni fa, spedire cartoline ad amici e parenti era una vera e propria abitudine. D’altra parte, trovarle un po’ dappertutto era la normalità. Non solo nelle grandi città o mete turistiche, ma anche al museo come al supermercato, in edicola e in libreria, in qualsiasi tabaccaio o negozio di souvenir.
Io ho sempre amato scriverle e riceverle: ne conservo ancora moltissime. Fedeli segnalibri, capaci di riportarmi indietro nel tempo. Buffe, seriose, fantasiose o banali, le ho sempre trovate un bellissimo ‘esercizio di affetto’ nei confronti del destinatario. Pensateci: comprare la cartolina, cercare il francobollo, ricordare l’indirizzo corretto, scrivere un testo… Per non parlare della ricerca della buca delle lettere o dell’ufficio postale adatto! Negli anni ho accumulato un discreto numero di aneddoti postali… a volte, delle vere piccole avventure urbane! A partire dalle lezioni di grammatica francese ricevute durante un’interminabile coda in posta a Villefranche-sur-mer per arrivare all’addetta di Amsterdam che ha preteso di farmi scrivere la cartolina in sua presenza, condizione essenziale per poterla spedire…
Ma oggi? Quante cartoline si scrivono? Secondo le stime di Silvano Cangiari, fondatore di Litoincisa87, una delle poche aziende che ancora le stampano e distribuiscono a livello nazionale, all’inizio degli anni Duemila per il mercato italiano si stampavano 400 milioni di cartoline all’anno. Oggi siamo sotto i 40 milioni, e il numero continua a scendere. Una vero e proprio crollo, in buona parte senza dubbio dovuto all’uso massiccio degli smartphone. Perché faticare quando esistono social e Whatsapp? Forse vi stupirà sapere, però, che all’estero ne vengono ancora mandate tantissime. E ci sono appassionati che partecipano a scambi di cartoline in tutto il mondo. Vuol dire che non sono proprio l’ultima dei grafomani!
Da anonimi talloncini bianchi…
Le cartoline sono sempre state come le conosciamo oggi? In realtà, le prime non sono nemmeno illustrate: servono ad abbattere i costi delle corrispondenze per chi non può permettersi – o non sa scrivere – intere lettere. Il formato è introdotto con il nome di Correspondenz-Karte nell’Impero Austroungarico nel 1869. Si tratta di un cartoncino bianco molto essenziale, su cui si trova da una parte lo spazio per il francobollo, l’indirizzo del destinatario e lo stemma nazionale, dall’altra il messaggio. Adottato velocemente da diversi altri stati, nel 1875 il Trattato dell’Unione postale generale – organizzazione internazionale pensata per unificare un sistema di servizi postali nazionali precedentemente intricato e incoerente – ne ammette la circolazione a livello internazionale. In seguito ne indicherà la dimensione standard accettata (15 centimetri per 10) e sancirà la validità delle cartoline illustrate prodotte da privati.
… a foto di gran moda
La cartolina come la conosciamo noi – illustrata completamente da un lato, divisa in una parte per scrivere il messaggio e un’altra per indirizzo e francobollo – nasce invece nel 1902 nel Regno Unito. Un’invenzione banale? A onore del vero, no. Nel 1893, il giornalista inglese James Douglas scrive: “Come tutte le grandi invenzioni, la cartolina illustrata ha causato una rivoluzione silenziosa nelle nostre abitudini. Ci ha segretamente liberato dalla fatica di scrivere lettere. Sono ancora vive, comunque, persone che possono ricordare i giorni in cui era considerato necessario e persino piacevole scrivere lettere agli amici. Per fortuna, la cartolina illustrata ha liberato l’autore moderno da questa schiavitù… In precedenza, quando una persona si recava all’estero era costretta a passare tanto tempo a scrivere laboriose descrizioni del proprio viaggio ai suoi amici a casa. Adesso, basta comprare una cartolina in ogni stazione, scarabocchiare qualche parola a matita e imbucarla, cosa che esalta il piacere di viaggiare”.
Se la tradizione del Grand Tour, a partire dal XVIII secolo, ci ha regalato meravigliosi epistolari e lunghi racconti di viaggio che hanno formato il nostro immaginario, la nascita del turismo moderno e delle ‘vacanze’ ci ha fatto scoprire le cartoline! Come racconta il bel sito della Fototeca dei Civici musei di storia e arte di Trieste, “le cartoline non venivano solo comprate come souvenir di un viaggio, o piccolo regalo, o documento di luoghi lontani, ma anche per la sola immagine, e più di tutto diventeranno il simbolo della modernità e dei suoi caratteri: sinteticità, spigliatezza e leggerezza”. Leggerezza e immagine, a mio avviso, sono le parole chiave di tale trasformazione. Le lettere implicano uno sforzo non più di ‘moda’.
Nel 1897 a Norimberga nasce la Weltverband Kosmopolit, un club di collezionisti di cartoline attivo fino alla Prima guerra mondiale e che, al suo apice, contava più di 15 mila membri soltanto in Germania. La cartolina diventa oggetto di un vero e proprio collezionismo. Nascono le prime riviste, i primi negozi dedicati e -cosa che oggi fa particolarmente sorridere- le “catene di corrispondenza”: gruppi di persone si scrivono tra loro con il solo scopo di scambiarsi cartoline da luoghi che altrimenti non potrebbero mai vedere.
Tutti possono scriverle, ma chi le produce?
Ma, nella pratica, chi produce le prime cartoline? I fotografi professionisti spesso trasformano le proprie immagini in cartoline. Ci sono anche piccoli negozi che stampano limitate quantità di cartoline, da vendere in proprio, o che le acquistano dai cataloghi dei rivenditori. Con il crescente sviluppo delle attività turistiche, assistiamo ad un rapido incremento di tutti i materiali per la promozione delle località più in voga (personalmente adoro la creatività dei poster turistici di inizio ‘900). Ci sono poi gli editori veri e propri, che possono essere semplici intermediari tra gli stampatori e i negozi al dettaglio o controllare l’intera produzione. Fino alla nascita dei “cartolinai”, aziende specializzate nella produzione di materiali per il turismo.
La cartolina è borghese?
“Un fatto da sottolineare è che il vertiginoso boom della cartolina di inizio Novecento fu un fenomeno internazionale legato all’espansione, all’ascesa della borghesia. Le classi alte snobbarono la cartolina, troppo economica e troppo volgare con quel messaggio “allo scoperto” sotto gli occhi di tutti; le classi basse la ignoravano, troppo costosa e senza utilità per chi non sapeva leggere e scrivere e il cui mondo sociale era circoscritto ad un’area ristretta”, spiega ancora la Fototeca. “Sarà la classe media e medio-alta a rivolgersi ad essa, per uso pratico (lo spazio ridotto della cartolina con i suoi messaggi stringati facilitava anche chi non era versato nelle “belle lettere”), per uso sociale (rivelava il buon gusto e la cultura del mittente che aveva scelto “quella” immagine), come status symbol (il mittente dimostrava di poter viaggiare in capo al mondo, comprare un oggetto comunque voluttuario e pure inviartelo) e infine per placare quella mania del collezionismo iniziata prima con la carte-de-visite poi con l’immagine stereoscopica e ora con la cartolina”.
Un oggetto, ormai, da museo?
In Italia il declino comincia verso la fine degli anni Novanta, con l’arrivo di e-mail e sms. Oggi, social e Whatsapp hanno fatto il resto. Personalmente, però, continuo a pensare che la fotografia, inviata tramite il web, non sia paragonabile all’antiquata cartolina. A fare la differenza è quel tempo che si dedica al proprio destinatario. Non ti penso solo per qualche istante ma ti dedico appositamente qualche minuto di più. Ma forse tutto il mio (scarso) romanticismo si concentra nelle cartoline….
P.S. se a qualcuno dovesse interessare, sappiate che esistono anche dei siti di Postcrossing, moderna versione delle antiche ‘catene di corrispondenza’! Buone cartoline a tutti!