Quando lavoro sul lago di Como, capita che mi chiedano consigli per un’escursione un po’ insolita. O che, più semplicemente, i miei ospiti vogliano sapere qual è il mio borgo preferito. Di risposte ne ho diverse, ma in cima alla lista metto sempre Mezzegra. E oggi vi spiego perché (e come visitarlo).
Ognuno ha i suoi luoghi del cuore e io non faccio eccezione. Il lavoro mi porta spesso sul lago di Como, tant’è che mi chiedono spesso se non mi sia venuto a noia. In realtà, dipende. L’overtourism degli ultimi anni non mi fa oggettivamente impazzire e anche i borghi più “gettonati” per me sono, qualche volta, un po’ difficili. Però amo moltissimo esplorare, prendere vie secondarie, andare là dove mi porta l’istinto. E, in questo senso, il Lario è un’autentico scrigno pieno di scoperte da fare.
Mezzegra è stato amore a prima vista
Prendete Mezzegra, piccolo borgo attualmente compreso nel comune di Tremezzina. La prima volta ci sono stata perché la sua chiesa parrocchiale mi incuriosiva, così imponente sul piccolo abitato. E una volta, avendo finito di lavorare prima del previsto, ci sono andata in auto. La porta era aperta e sulla volta si è spalancata la meraviglia. Lo avevo studiato per l’esame di guida, ma mai avevo avuto il piacere di ammirare lo stupefacente affresco di Giulio Quaglio. Forse bisogna amare lo stile barocco, ma non credo si possa restare indifferenti di fronte a una rappresentazione tanto soave del mondo che, per chi viveva a quel tempo, stava sopra alle nostre teste. Angeli svolazzanti, santi e papi, nuvolette variopinte. E, al centro della volta, una Trinità talmente abbagliante da non riuscire a staccare lo sguardo.
Una bella passeggiata
Così è nata la mia passione per Mezzegra, che negli anni mi ha suggerito nuove e felici incursioni. La più bella di tutte è quella che faccio ogni volta che ho un paio di ore libere ed è quella che vi suggerisco se avete voglia di fare una bella passeggiata, piuttosto facile, ma di grande soddisfazione.
Di solito salgo da Tremezzo. All’altezza del Parco Mayer una strada porta alle frazioni a monte. Per qualche centinaio di metri si segue la via principale, si oltrepassa il Municipio e, proseguendo sempre dritto, si raggiunge la frazione di Balogno. Lì il mio consiglio è quello di lasciare la strada asfaltata, affrontare i gradini ed esplorare il piccolo abitato. A vostro piacimento, potete andare a destra oppure a sinistra; è un piccolo labirinto, ma “perdersi” per qualche istante può regalare piccole deliziose sorprese. Ovunque andiate, tenendo presente qual è la direzione di massima (cioè sud o, altrimenti detto, montagna a destra lago a sinistra), uscirete da Balogno all’altezza di un percorso pedonale che attraversa dei giardini. In fondo, una strada perpendicolare. La via è dedicata al Monte Crocione, che in effetti svetta lassù a destra.
Salite la china ed entrate nel secondo borgo, Volesio. Ad accogliervi una chiesina, che purtroppo non sono mai riuscita a visitare perché l’ho sempre trovata chiusa. Volesio è più grande di Balogno e, per certi versi, ancora più intrigante. Alzando lo sguardo potete trovare antichi affreschi votivi, stemmi delle casate più in vista e qualche scritta difficile da decifrare. Ad esempio, sopra un portone un’antica insegna riporta la parola “Danubio“. Non ho ancora trovato soluzione all’enigma, ma mi affascina vagare con il pensiero (e con le gambe) fra piccoli segreti dimenticati e storie vecchie di secoli. Ripeto l’invito, non abbiate timore di perdervi, inoltratevi fra vicoli e archivolti. Alla peggio, se capitate in un cortile chiuso, tornate indietro e ricominciate.
Ricordate solo che Mezzegra è più a sud ed è sufficiente seguire questa vaga indicazione per trovare la mulattiera che vi condurrà alla meta. Potete salire verso Intignano oppure proseguire a mezza costa, ma, ad un certo punto vi ritroverete a Viano. Ora, non so dirvi se il veicolo della Mercedes si chiami così in virtù di questo borgo. Ne dubito, ma spesso la storia dei marchi è tortuosa, quindi una possibilità la darei pure a questa teoria. Ma in realtà, cito la casa automobilistica di Stoccarda perchè, a questo punto del cammino, è chiara una cosa. I grand hotel, le fuoriserie e i “VIP” (che brutta definizione!) sono laggiù sul lago. Quassù, invece, c’è vita vera, case ordinate ma vissute, giocattoli lasciati in giardino e… trattorie che ancora sanno di genuino.
Il tratto più bello (almeno per me)
Lasciato Viano, si incontra finalmente la vecchia strada che congiungeva i borghi. Se siete a corto d’acqua, potrebbe venirvi in aiuto un lavatoio ancora ben tenuto. Altrimenti proseguite con fiducia. L’acciottolato scende nella valle del torrente Bolvedro, un comodo ponticello vi consente di raggiungere l’altra riva del ruscello. Il traffico della Statale Regina è un ricordo sbiadito. Ora i compagni di viaggio sono la brezza, il cinguettio degli uccelli, il frinire delle cicale. Il profumo della flora spontanea è intenso e il panorama si apre sul lago e sui monti. Sono poche centinaia di metri, ma qui non si può non essere in pace con il mondo.
Mezzegra, finalmente
Eccovi giunti a Bonzanigo di Mezzegra, patria della famiglia Brentano. A noi, forse, questo nome non dice granché, ma basta intervistare qualche turista tedesco per avere la riprova dell’importanza della famiglia. Furono mercanti e, di generazione in generazione, incrementarono il patrimonio e costruirono bei palazzi in questa zona del lago. Poi la decisione di restare in Germania, addirittura fu la prima famiglia cattolica ammessa a vivere a Francoforte. Divennero nobili e nel loro albero genealogico vantano poeti, un filosofo, un politico di notevole spessore. Tutto cominciò qui e qui ancora se ne vedono le tracce.
Girovagando fra vicoli e cortili, è facile notare la differenza con i borghi che vi siete lasciati alle spalle. Certo anche là qualche palazzetto non manca, ma il livello a Bonzanigo è nettamente superiore. Provate a cercare le “grate turche” che, pare, furono acquistate a Budapest dopo la cacciata degli Ottomani. Ci raccontano di un mondo che non oseremmo mai immaginare, quando il lago di Como era percorso dai commercianti con i loro comballi e non dai motoscafi noleggiati a peso d’oro. A forza di remi o sospinti dal vento, a piedi o a dorso di mulo, si viaggiava senza sosta, scambiando sì merci, ma anche idee, tecniche e novità.
E’ forse per questo che amo tanto Mezzegra. Qui lo sguardo si allarga. Ma non è solo quello del panorama che il Lario ci offre. E’ soprattutto quello sulla storia, sulle radici che ancora resistono, sulle tradizioni che, magari declinate altrimenti, cercano nuove vie. Ripeto spesso che siamo nani sulle spalle dei giganti e qui questa massima mi sembra quanto mai attuale.
Un ultimo sguardo sul lago
Esplorate a piacere e, prima di godervi una meritata pausa (o anche dopo, volendo), entrate nel commovente Museo dei Presepi. Ammetto di non amare particolarmente l’oggettistica natalizia, ma questi presepi sono un’autentica meraviglia. E, di meraviglia in meraviglia, spero abbiate l’occasione di trovare aperta la chiesa di Sant’Abbondio (quella che mi ha fatto innamorare di Mezzegra). Il sagrato è una terrazza dalla vista impareggiabile. Riempitevi gli occhi (e, se avete con voi un pranzo al sacco, anche la bocca).
E poi? Come tornare a Tremezzo? Semplicemente scendendo, attraverso l’abitato di Giulino, fino alla Statale Regina. Lì potrete prendere l’autobus (linea C10) per tornare al punto di partenza. Oppure… il resto ve lo racconto un’altra volta!