Qualche giorno fa, ho partecipato ad un incontro in cui si è parlato dell’enorme possibilità della conservazione digitale di dati e della loro fruizione on-line. Tradotto: foto, libri e informazioni a portata di qualche clic. Ma sarà tutto oro quello che luccica?
Vi siete mai chiesti come mai Wikipedia e i suoi fratelli minori (Wikicommons, Wikibooks, ecc.) si chiamino così? Pare derivi dalla lingua delle isole Hawaii, dove con la locuzione “wiki wiki” gli abitanti si incitano a far presto. E’ indubbio che la rivoluzione digitale abbia impresso alle nostre vite un’accelerazione inimmaginabile sino a vent’anni fa. Quanto tempo serviva, una volta, per avere a casa qualsiasi cosa potesse servirci? Non saprei dire se tanto o poco, ma sicuramente di più rispetto ad ora. Per non parlare della comunicazione: a ben pensarci, fino a non tantissimi anni fa utilizzavamo le cabine telefoniche per contattare, solo se occorreva, parenti e amici. Sembra passato un secolo, ma sto parlando di vent’anni fa.
Lo stesso vale pure per quanto attiene alla ricerca e alla cultura in generale. Quando ho scritto la mia tesi di laurea, anno Domini 2004, ho passato mesi in biblioteche ed archivi. Fra l’altro, ho sfogliato circa 30 anni di atti parlamentari. Dovessi occuparmi ora dello stesso argomento, credo ci impiegherei un decimo del tempo. Sarebbe sufficiente navigare sulle pagine web di Camera e Senato, consultare l’archivio digitale utilizzando le parole appropriate e il gioco sarebbe fatto. Ad essere sincera, però, non mi dolgo del mio destino di studentessa analogica. Al contrario, reputo di avere avuto una grande fortuna.
Perché? Perché ho fatto fatica. Fisica, innanzitutto. Perché le biblioteche hanno orari e procedure da rispettare, quindi dovevo alzarmi presto al mattino, prendere il treno e via dicendo. Perché, non potendo fare copia/incolla come usa adesso, ho dovuto scrivere a mano una buona parte delle notizie che mi servivano. Senza contare che i piani di scale fatte per portare su e giù i tomi da fotocopiare mi hanno regalato due taglie in meno. E dite niente?
Soprattutto, però, la fatica era legata alla ricerca stessa. Trovare fonti, testi, collegamenti plausibili, testimonianze ha richiesto impegno ed energie. E ho dovuto darmi un ritmo, nonché un metodo, per produrre un risultato soddisfacente in tempi decorosi. Quell’impegno è stato ampiamente ricompensato. Non solo e non tanto dal voto finale, ma dal gusto che ho provato giorno dopo giorno, nel sentire la passione che cresceva dentro di me, nel provare a me stessa che ero all’altezza di quel compito. Non è stato per nulla un lavoro inutile, come tante volte sento dire a proposito della compilazione della tesi di laurea. Al contrario: è stata un’esperienza unica che mi porto dentro come un dono prezioso.
Certo, il digitale ha semplificato enormemente la mia vita. Come farei a controllare al volo in che anno Massimiliano I d’Asburgo è diventato imperatore o a trovare le notizie che posto quotidianamente su Facebook per l’Associazione Guide Como? Credo però fermamente che se non fossi stata educata a un lavoro di ricerca faticoso e ben fatto, oggi nel web mi perderei. Perché, in fondo, per scovare informazioni bisogna sapere in che direzione andare e, in questo, il pensare analogico è fondamentale.
C’è ancora un aspetto da considerare. Ed è quello legato alla conquista. Quanti libri e quanta musica si possono trovare oggi sulla rete? Non penso qualcuno lo possa dire con esattezza. Un numero enorme. Talmente alto da approssimarsi allo zero. Perché alla fine, quando la possibilità di fruizione è altissima, gratuita (o poco costosa) e sempre disponibile, il rischio è quello di divenire un contenitore talmente pieno da essere vuoto. Chi ha almeno la mia età si ricorda per certo del desiderio di acquistare l’album di questo o quel cantante, di poter finalmente sfogliare il libro che si era ordinato in biblioteca o in libreria. C’erano il tempo della conquista e dell’attesa, c’era la sensazione di aver portato a casa qualcosa a cui veramente si teneva.
Ma oggi? Io stessa scarico decine di compilation al mese, ho ampliato enormemente la mia collezione e la mia conoscenza musicale, ma conservo ancora le mie prime audiocassette come un tesoro raro. Senza di loro non avrei sviluppato la passione e il gusto che ho ora.
Di esempi potrei farne a decine, ma penso di essermi spiegata a sufficienza. E’ per questo che, quando sento magnificare l’era digitale, una parte dentro di me dissente. Non nego l’utilità delle piattaforme che mettono il sapere a disposizione di tutti in qualsiasi momento e in ogni dove. Mi sembra però eccessivo illudersi che tutto ciò sia la quintessenza della democrazia perché finalmente chiunque può accostarsi a un mondo una volta precluso ai più. Non fosse altro per il fatto che ci si approccia a qualcosa solo se si sa che questa cosa esiste e che può donare tanto. E, a meno di non avere un’innata curiosità e uno spiccato senso per la ricerca, credo che la sola messa a disposizione dei dati non serva. Sarò ottusa io, ma non penso che Gutenberg e archiviazione digitale possano essere accostati. E anche su Gutenberg bisognerebbe fare dei distinguo.
Di più: nella conferenza che citavo si parlava anche della possibilità di salvare testi altrimenti destinati all’oblio e, peggio ancora, alla scomparsa. D’altra parte, mi pare di sapere che per secoli biblioteche e archivi abbiano assolto egregiamente al loro compito. Forse sarebbe il caso di trattare questi luoghi con l’amore e la cura che si riservavano loro un tempo. A meno di non voler pensare di essere di fronte a un’epoca simile a quella che succedette alla caduta dell’Impero romano. Mi auguro di no, ma può darsi benissimo. In tal caso, però, non credo che le super-memorie dislocate a Palo Alto e dintorni riuscirebbero a salvare molto.
E poi, di fondo, mi resta sempre una domanda: se avessi impiegato un decimo del tempo a scrivere la mia tesi, che cosa avrei fatto degli altri nove decimi? Perché, in tutta sincerità, non mi sembra proprio che, grazie al digitale, risparmiamo tempo da dedicare a noi stessi e a quel che ci sta più a cuore. Mi sembra che corriamo sempre di più come forsennati, imprecando perché la connessione wifi è troppo lenta.
2 commenti
MERAVIGLIOSO questo articolo Dani!
Lo condivido con chi la pensa come te (e me), fantastico quell’infinito che si approssima allo zero, non avrei saputo metterlo in parole meglio di così.
💯
Grazie Tiziana! Nella loro unicità le nostre esperienze si somigliano molto, ovviamente per ragioni anagrafiche ma anche intellettuali. Sappiamo che cosa vuol dire impegnarsi davvero e ne andiamo fiere!