Le farfalle di Sarajevo, dell’inglese Priscilla Morris, è un canto d’amore per una città devastata dalla guerra: Sarajevo.
Questo libro è la storia di un viaggio che non ho ancora fatto ma che desidero fare da anni. Ed è anche la storia d’amore per una città: Sarajevo. È inoltre la storia della prima guerra di cui ho veramente ‘memoria’. Una guerra europea che abbiamo cercato colpevolmente di dimenticare il più velocemente possibile.
È il 1992 e a Sarajevo, ogni notte, bande di ultra nazionalisti con la faccia coperta da calze nere trascinano in strada i mobili presi dalle case abbandonate ed erigono barricate che tagliano la città in enclave etniche. Ogni mattina, gli abitanti – musulmani, croati, serbi – rimuovono quelle stesse barriere e affrontano la giornata, fingendo che nulla stia succedendo.
Zora, la protagonista, artista sensibile e attenta non riesce neppure a immaginare che qualcosa di tanto grave possa minare la vita della sua amata città. Fino a quando un episodio, apparentemente banale, scuote la sua quotidianità. Zora decide che è giunto il momento di mandare suo marito e l’anziana madre fuori dal paese, in Inghilterra, al sicuro.
Lei, al contrario, sente di non poter lasciare Sarajevo, il suo studio sotto i tetti della Vijećnica, i ragazzi che si aggrappano ai suoi corsi di arte come all’ultimo brandello di normalità, i suoi quadri che raffigurano i tanti ponti, simbolo della città della convivenza. Ha già sofferto in passato la lontananza da casa, quando studiava a Parigi e a Belgrado. Non vuole più allontanarsi. Si convince che le ostilità non potranno durare piú di qualche settimana e che, passata la tempesta, tutto tornerà come prima. Sarajevo è una città vivace ed evoluta! I suoi abitanti non cadranno vittime dell’inganno del più becero nazionalismo e della violenza cieca.
Ma la tempesta non passa e l’assedio chiude Sarajevo in una morsa. Zora viene scacciata dal suo amato studio, ottenuto anni prima per meriti artistici. Una biblioteca, un centro di ricerca è diventato un obiettivo sensibile. Il mondo sembra impazzire ogni giorno di più. La sua fiducia inizia a vacillare ma lei non si arrende. La discesa verso gli inferi, però, è veloce:la città rimane senza comunicazioni, senza luce, senz’acqua, senza medicine. Dalle verdi e belle colline che la circondano, Sarajevo viene bombardata, spazzata dai cecchini, martoriata. Uscire di casa diventa una necessità ma anche una sfida mortale, ma anche restare in casa lo è. La morte coglie le persone ovunque. E muoiono a migliaia; le lapidi, bianche, sottili, riempiono ogni angolo, prato, cortile. Spariscono giorno dopo giorno gli alberi e gli uccelli.
Nel palazzo squarciato dalle esplosioni in cui Zora continua a vivere, si è formata una vera e propria comunità. Smarriti, gli abitanti del palazzo affrontano insieme il loro mondo che si sta disintegrando, si reinventano giorno dopo giorno nel tentativo di non perdere la propria umanità. Tutto ciò che Zora e i suoi amici hanno di piú caro viene distrutto. Ricordi, sogni, desideri. Al posto delle rondini nel cielo di Sarajevo volteggia la cenere, uno sciame di farfalle nere.
Eppure… nonostante tutto questo dolore, nonostante l’inconcepibile distruzione, la vita a Sarajevo offre ancora sprazzi di poesia e bellezza.
Priscilla Morris, Le farfalle di Sarajevo, Neri Pozza, Vicenza, 2023
2 commenti
Bravissima coinvolgente
Grazie 🙂