L’Italia razionalista è un bel saggio che racconta una pagina dell’architettura italiana troppo dimenticata e spesso fraintesa. Da leggere!
Vi avviso subito: L’Italia razionalista ha fatto sensibilmente allungare il mio (già sterminato) elenco dei posti da vedere e delle curiosità architettoniche da soddisfare. Quindi, accostatevi alla lettura con il giusto mix di cautela e di curiosità. Non preoccupatevi anche se non siete degli esperti di architettura: i libri della collana “Ritrovare l’Italia” sono pensati per essere fruiti da un pubblico ampio e non necessariamente specialistico. Questo non significa che siano banali o approssimativi, tutt’altro. Fabio Isman ci introduce con competenza e puntualità alla scoperta del razionalismo architettonico in Italia.
Questo movimento è durato, grosso modo, dagli anni Venti del secolo scorso, al 1940 ma ha realizzato un importante rinnovamento e notevoli capolavori, improntando di sé numerosi edifici. Isman ci spiega anche come è possibile distinguere tra architettura razionalista e di regime perché non è detto (per fortuna) che le due cose coincidano. L’idea che guida gli architetti che aderiscono al movimento é quella di guardare al valore sociale del costruire e di rompere con la tradizione ottocentesca. Si ispirano al Bauhaus tedesco e a Le Corbusier (che “non sarà mai ammirato abbastanza”).
L’architettura deve sperimentare nuovi materiali: acciaio, cemento armato. La forma stessa dell’edificio ha bisogno di trovare origine dalla sua funzione. Persino le decorazioni (poche) devono essere pensate per essere funzionali e non meri orpelli. Lo scopo è cogliere e diffondere lo “spirito nuovo” del tempo: velocità, razionalità, modernità. Futurismo e razionalismo si incontrano e dialogano tra loro alla ricerca di una nuova sintesi. L’industria nascente diventa protagonista: il Lingotto a Torino e l’incredibile pista di collaudo delle auto FIAT sul tetto, piuttosto che l’Ivrea di Olivetti.
Sperimentare è una delle parole d’ordine: è così che nasce il nuovo. É con questo spirito che tra il 1929 e il 1935, l’architetto Ettore Fagiuoli, progetta e costruisce a Marcellise, vicino a Verona, Villa Girasole. Si tratta del primo stabile che ruota su se stesso, inseguendo il movimento del sole. Un remoto tentativo di bioedilizia! Il Gruppo 7, primo vero e proprio nucleo del razionalismo, muove i suoi primi passi attorno al Politecnico di Milano. Proprio per questo, le prime due “piccole capitali” del razionalismo sono Milano e Como. Qui operano i fondatori e i maggiori esponenti del movimento: Milano, dove nasce il gruppo; Como, perché il più celebre di tutti, Giuseppe Terragni, vi ha lavorato per i 13 anni della sua professione. Infine Roma, la terza capitale, dove ha concluso gli studi Adalberto Libera. Il movimento conquista anche altre città: Latina, Ivrea, Forlì, Cesenatico…
Impariamo a guardare con occhi diversi persino la stazione di Santa Maria Novella a Firenze: la prima veramente moderna al mondo. Dalla Camera di Commercio a Cosenza a casa Cattaneo a Cernobbio, attraversiamo l’Italia razionalista. Alla fine, torniamo a Milano: dove il razionalismo ha avuto degli epigoni importanti anche dopo la seconda guerra mondiale. Un nome su tutti: Gio Ponti con il suo Pirellone. L’architetto ama i grattacieli, “macchine edilizie perfette” che possono arrivare fino alle nuvole: con quello milanese sogna, da bravo razionalista, di “concentrare i volumi in un solo edificio di forma esatta, dettata dalla ragione”, tornando così all’intelligenza nel costruire.
Se siete curiosi di scoprire di più… partite alla scoperta della varietà dell’Italia razionalista. Sono sicura che non ve ne pentirete.
Fabio Isman, L’Italia razionalista, Il Mulino, Bologna, 2024