Furti, viaggi, contestazioni. La vita da star di uno dei ritratti più famosi della storia
A voi piace la Gioconda? A me, lo ammetto, non particolarmente. Il sorriso enigmatico di Monna Lisa non mi ha stregato, in nessuna delle occasioni in cui sono andata a ‘trovarla’. In compenso, trovo molto affascinante la sua storia. Piena di colpi di scena e di avventure inattese. Volete che vi racconti la vicenda dell’opera 779 del Museo del Louvre? Lo sappiamo tutti: è Leonardo Da Vinci ad aver dipinto uno dei più celebri ritratti della storia dell’arte. Il sorriso quasi impercettibile di questa donna misteriosa ha ispirato innumerevoli pagine di critica, letteratura, opere di immaginazione, studi psicoanalitici. Marcel Duchamp le ha messo baffi e persino Britney Spears le ha dedicato una canzone. Sfuggente, per molti sensuale, sicuramente iconica, la Monna Lisa è stata di volta in volta amata e idolatrata, ma anche irrisa, vandalizzata… e rubata!
Circa trentamila visitatori al giorno si accalcano per vedere la Gioconda: questo ha costretto a proteggerla con un vetro antiproiettile e un cordone che tiene a dovuta distanza il visitatore. Monna Lisa risulta irraggiungibile anche quando si è al suo cospetto. Come ogni star che si rispetti!
Ma chi è la Gioconda?
La tradizione sostiene sia Lisa Gherardini, cioè “monna” (diminutivo di “madonna”, mia donna) Lisa, moglie di Francesco del Giocondo (quindi la “Gioconda”). Quando Leonardo la dipinge, tra il 1506 e il 1507, vive a Firenze, città di Lisa e di suo marito. Questa apparentemente facile identificazione ha come fonti antiche un documento del 1525 in cui sono elencati alcuni dipinti che si trovano tra i beni di Gian Giacomo Caprotti, allievo di Leonardo che aveva seguito il maestro in Francia.
Vasari ci dice che “Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il re Francesco di Francia in Fontainebleau”. Tutto chiaro? Forse. Quello che sappiamo con certezza è che Monna Lisa segue fedelmente Leonardo fino alla morte di quest’ultimo come una buona amica. Lui ritocca per anni e anni la tela, mai pienamente soddisfatto del risultato.
La Gioconda trova casa in Francia
Sappiamo con certezza che Monna Lisa arriva in Francia nel 1516. Non sappiamo, però, con precisione se Leonardo abbia regalato il dipinto in segno di riconoscenza al re per il proprio soggiorno francese o se Francesco I lo abbia acquistata insieme ad altre opere. Poco importa: ormai la Gioconda ha trovato casa nelle collezioni reali francesi e viaggia di castello in castello insieme alla Corte. Nel 1685, Luigi XIV la fa trasferire a Versailles, unico castello degno di una simile regina.
La Rivoluzione la obbliga a cambiare ancora casa: nel 1797 si sposta al Louvre. Napoleone Bonaparte, però, si innamora di lei: la fa trasferire nella sua camera da letto e si dice che la faccia ‘partecipare’ anche ad alcune campagne militari. Quando nel 1804 torna alla sua comoda parete al museo, la Gioconda pensa di non doversi più spostare, ma la sua tranquillità è di breve durata. Si deve nascondere in una località segreta durante la guerra franco-prussiana, e come se non bastasse…
La Gioconda è stata rubata!
Piuttosto basso, sanguigno, braccia larghe. Vincenzo Peruggia, ventinovenne stuccatore e decoratore originario di Dumenza, (oggi) in provincia di Varese, risponde a parecchi degli stereotipi che circolano in Francia sugli immigrati italiani. La mattina di lunedì 21 agosto 1911 entra al Louvre. Nulla di particolarmente strano; é il giorno di chiusura del museo ma lui ha già lavorato per il Louvre e si confonde facilmente tra i dipendenti e gli operai. Peruggia utilizza l’ingresso per le maestranze: l’ultima volta che lo ha usato era luglio, quando lavorava per il vetraio Gobier, incaricato di proteggere con lastre di vetro le opere d’arte più importanti. Il direttore del Louvre, Théophile Homolle, infatti è più preoccupato per i ripetuti atti di vandalismo ai danni dei quadri che per gli eventuali furti (che pure non mancano).
Immaginatevi, quindi, il nostro ‘eroe’ entrare, staccare un quadro e andarsene… Si dirige verso una scala secondaria, smonta il vetro protettivo e la cornice, si toglie la giacca, la avvolge attorno alla tavola dipinta, mette il fagotto sotto il braccio ed esce in strada. Come se non bastasse, all’uscita sbaglia tram e deve prendere un taxi per rimediare. Quindi lascia il tutto nel proprio appartamento e si presenta al lavoro alle 9. La scusa per il ritardo? La sbronza della domenica sera. Surreale, vero?
Il giorno seguente, il 22 agosto, il primo ad accorgersi che tra il Matrimonio mistico di Santa Caterina del Correggio e l’Allegoria coniugale del Tiziano c’è uno spazio vuoto è un artista, Louis Béroud, entrato nel Salon Carré di buon’ora per dipingere una copia della Gioconda. Cosa ancora più incredibile, ci vuole tutta la mattinata prima che scatti il panico. Forse la Gioconda è andata al laboratorio fotografico. E poi, il direttore è in vacanza… Quando la polizia arriva, sessanta gendarmi si occupano di perquisire e far uscire tutti i visitatori. Il museo rimane chiuso per una settimana (nella speranza che Lisa si sia nascosta da qualche parte).
Il 23 agosto la notizia è su tutti i giornali: c’è chi scaglia accuse al direttore del Louvre, chi offre ricompense. Tra i sospettati finisce anche il poeta francese Apollinaire, arrestato dopo aver dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all’arte nuova. Il 7 settembre è condotto in prigione, anche se presto si scopre che il suo arresto è basato su una calunnia: una ripicca, da parte dell’amante Honoré Géry Pierett. Una banale storia di ricettazione. Persino Pablo Picasso viene arrestato e interrogato!
A poco servono le impronte trovate dalla Sûreté sulla cornice abbandonata dopo il furto da Peruggia. Le sue non sono tra quelle dei 257 dipendenti del Louvre prese in esame per il confronto. Tra le tesi fantasiose, ci sono anche i sospetti sull’impero tedesco. Un furto di Stato da parte degli storici nemici. Immaginate i commenti e le polemiche quando emerge che le uniche misure di sicurezza adottate dal museo consistevano nell’aver addestrato al judo un gruppo di guardie. Monna Lisa sembra persa per sempre.
La ‘vacanza’ italiana della Gioconda
E ora? La Gioconda viene venduta? In realtà, no. Il nostro ladro è semplicemente convinto che il dipinto appartenga all’Italia poiché sottratto da Napoleone durante la campagna d’Italia. Vive il furto come un atto di giustizia riparativa. Mette l’opera in una valigia, la nasconde sotto il letto della squallida pensione parigina in cui vive. La custodisce per mesi e poi decide di portarla a Dumenza, suo paese di origine. Ora immaginate un agglomerato di poche case, inerpicato su una montagna, al confine con la Svizzera. Intorno boschi che si affacciano sul lago Maggiore.
Mentre il mondo intero si chiede dove sia finito il sorriso più enigmatico della storia dell’arte, il dipinto è nascosto a Cadero con Graglio, piccolo paese della Val Veddasca, nell’incavo di un tavolo sotto un tappeto nell’osteria dei fratelli Lancellotti, amici del Peruggia. Almeno così si racconta. A chi, come me, abita non lontano da questi luoghi, piace pensare che la leggenda della Gioconda ancora nascosta in montagna abbia un fondo di verità.
In realtà, il nostro improbabile vendicatore decide di regalare il quadro all’Italia. Convinto che Lisa potrà restare nel Belpaese, nel 1913 si reca a Firenze per vendere l’opera. Si rivolge all’antiquario fiorentino Alfredo Geri. Gli invia una lettera firmata “Leonardo” in cui è scritto «Il quadro è nelle mie mani, appartiene all’Italia perché Leonardo è italiano». Segue una proposta di restituzione a fronte di un riscatto di 500.000 lire «per le spese». Incuriosito, l’11 dicembre 1913, l’antiquario fissa un appuntamento nella stanza 20 al terzo piano dell’Hotel Tripoli, in via de’ Cerretani (futuro Hotel Gioconda), accompagnato dall’allora direttore degli Uffizi, Giovanni Poggi. I due si accorgono immediatamente di avere davanti l’opera originale. Se la fanno consegnare per “verificarne l’autenticità”. Nell’attesa, Peruggia se ne va, sereno, a spasso per la città, ma ovviamente viene rintracciato e arrestato.
Immaginate il generale sconcerto quando ci si rende conto che il ladro non è certo un genio del crimine. Il reo è condannato a una pena di un anno e quindici giorni di prigione, poi ridotti a sette mesi e quindici giorni. Il suo ingenuo patriottismo suscita simpatia generale e Peruggia strappa un sorriso di invidia a tutti quando afferma di aver passato due anni “romantici” con la Gioconda appesa sul suo tavolo di cucina. Il ladro della Gioconda muore in Francia l’8 ottobre del 1925, giorno del suo quarantaquattresimo compleanno, stroncato da un infarto, mentre rientra a casa per festeggiare con la famiglia. Il dipinto, finalmente recuperato, viene esposto in tutta Italia; prima agli Uffizi a Firenze, poi all’ambasciata di Francia a Roma, alla Galleria Borghese e alla Pinacoteca di Brera a Milano. Alla fine, però, Monna Lisa torna a vivere a Parigi.
Il ritorno in Francia
La Gioconda passa il confine a Modane, su un vagone speciale delle ferrovie italiane, accolta in pompa magna dalle autorità francesi, per poi giungere a Parigi dove, nel Salon Carré, il presidente della Repubblica francese e l’intero governo le danno il bentornato. Come ad una vera diva. È il 4 gennaio 1914. Indubbiamente la vicenda ha contribuito a creare ed alimentare il mito della nostra protagonista. La sua effige entra di prepotenza nell’immaginario collettivo.
La storia finisce qui? In realtà, Monna Lisa non è destinata a stare tranquilla: durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, il dipinto riprende di nuovo a vagabondare. Alla ricerca di un luogo sicuro. In previsione dell’invasione tedesca in Francia, dopo il 1939, il Louvre viene letteralmente svuotato. Le opere vengono smontate, imballate e nascoste in tutta la Francia. La Nike fa tremare tutti mentre scende faticosamente le scale, la Venere di Milo nasconde le sue grazie in una cassa; vedere le gallerie completamente vuote è un vero colpo al cuore.
La Gioconda gode di un vero e proprio trattamento vip: ha dei custodi ‘privati’, una valigia speciale e addirittura un trasporto climatizzato. Durante il primo di questi traslochi, il custode che viaggia nel camion con l’opera, arriva a destinazione privo di sensi (ma vivo) a causa della tenuta ermetica del mezzo. Gli spostamenti sono continui: il castello di Chambord, Amboise, ma anche abbazie e musei. Infine, viene fatta sfollare nel castello di Montal, dove si nasconde, ancora una volta, sotto un letto, quello del conservatore del Louvre.
Un mito che dura fino ai nostri giorni
Nemmeno il ritorno a casa dopo la guerra è semplice: nel 1956, un attacco con l’acido danneggia seriamente la parte inferiore del dipinto. Qualche mese dopo, alla Gioconda viene lanciato un sasso. Monna Lisa è tanto amata quanto presa di mira. In giro per il mondo, però, la vogliono come ospite: nel 1962 il quadro parte per gli Stati Uniti. Il presidente Kennedy e la first lady lo accolgono con tutti gli onori. Esposto alla National Gallery di Washington e al MET di New York, attrae un milione e settecentomila visitatori. Nel 1974, è il turno di Tokyo e Mosca.
Da allora, Monna Lisa non si è più spostata ma sorride quotidianamente a migliaia di turisti ogni giorno. Ogni tanto, un malintenzionato le lancia contro una tazza, un pezzo di torta o una zuppa ma lei, dietro al suo vetro antiproiettile, non si scompone. Consapevole di essere unica nel suo genere.