Non è tanto il fatto di essere il fiume più corto d’Italia. Fiumelatte è più che altro un piccolo scrigno magico, che non smette di incantare.
Diciamo subito la verità: Fiumelatte non è il fiume più breve d’Italia. Questo primato spetta infatti al torrente Aril, nei pressi del lago di Garda, che misura solo 175 metri. Fiumelatte, invece, ne misura ben 250, quindi non c’è confronto che tenga. Ciononostante questo corso d’acqua è una specie di magia, che mi incanta tutte le volte che vado a Varenna, sulla sponda lecchese del Lago di Como.
Difficile spiegarvi il perché. Da un lato la poderosa massa d’acqua che scende fra le case del piccolo borgo disegna uno scenario unico. Così fragorosa e compatta da spumeggiare in un colore lattiginoso, dal quale evidentemente deriva il suo nome.
E poi perché Fiumelatte porta con sé un piccolo mistero, legato alla sua regolare stagionalità: Fiumelatte si mostra in tutto il suo splendore solo dalla fine di marzo all’inizio di ottobre ed è per questo motivo chiamato il “fiume delle due Madonne” (quella dell’Annunciazione – celebrata il 25 marzo – e quella del Rosario – che cade il 7 ottobre -). Fatto, questo, che incuriosì anche Plinio il Vecchio e Leonardo da Vinci, che nel suo Codice Atlantico lo chiamò “Fiumelaccio”. Dal punto di vista scientifico il mistero si risolve ricordando che il fiume rappresenta lo sfogo di un troppopieno di un complicato sistema carsico che si sviluppa sul versante nord di quella gloriosa montagna che è la Grigna Settentrionale.
Se vi chiedete che cosa sia un troppopieno pensate al foro dei lavandini: se c’è troppa acqua casa vostra non si allaga grazie a quel semplice ed ingegnoso sistema di sfogo che si chiama, appunto, troppopieno. Pare che anche Madre Natura non ci tenga particolarmente ad avere allagato il sottosuolo della Grigna e che, dunque, abbia creato quel piccolo prodigio che è Fiumelatte.
Badate bene che per giungere alla conclusione qui sopra riportata nel 1992 venne condotto un esperimento che prevedeva l’uso di un colorante atossico che, inserito in una cavità della Grigna, ricomparve proprio nelle acque di Fiumelatte. Il buon Leonardo era arrivato alla soluzione del troppopieno per intuito, i ricercatori moderni con sistemi più pratici.
E, nonostante le moderne tecnologie e il carattere indomito di tanti valenti speleologi, nessuno ha mai esplorato davvero i cunicoli che si celano nella montagna dietro a Fiumelatte. Impossibile d’estate, a causa dell’acqua impetuosa, così come d’inverno per via dell’impenetrabile labirinto che si diparte dalla sorgente. Non è un caso che ancora oggi si racconti la storia di tre fanciulli che, invitati dalla loro amata a compiere un’ardita prova di coraggio per avere la sua mano, uscirono dalle cavità precocemente invecchiati e così spaventati da morire dopo pochi giorni. Saggezza popolare, evidentemente, che invitava i più giovani ad evitare inutili rischi.
La passeggiata che conduce dalla foce sino alla sorgente è breve, ma ripida. A me sembra sempre di andare a cercare qualcosa di remoto e raro, per quanto, in fin dei conti, si giunga semplicemente nei pressi di un antro dal quale l’acqua esce copiosa. Al tempo stesso, però, quell’ascesa è un’ottima occasione per lasciarsi alle spalle la mondanità del lago di Como ed emozionarsi di fronte a un paesaggio selvaggio e struggente. Lo sparuto gruppo di case racconta la storia secolare di Fiumelatte, che ha saputo mantenere la sua identità di borgo tranquillo e silenzioso. Dal sentiero si vede il lago e il viavai dei turisti, ma è come stare in una bolla che attutisce ogni clamore. E’ insomma un piccolo balcone privilegiato, dove l’unico piacevolissimo rumore è quello dell’acqua che scorre.
Se passate dal lago di Como, dunque, non perdetevi questa piccola magia, che non lascia mai delusi.