Per me è il panorama più bello che il lago Maggiore possa offrire. L’eremo di Santa Caterina del Sasso è un luogo di pace sospeso fra cielo, roccia ed acqua. E, se visitato con rispetto e cura, non può che regalare meraviglia.
Narra la tradizione che il mercante Alberto Besozzi, sorpreso da una tempesta mentre solcava le acque del lago Maggiore e timoroso di fare naufragio, invocò santa Caterina promettendole che, qualora si fosse salvato, avrebbe trascorso il resto della sua esistenza come eremita. Correva l’anno 1170 e la Caterina in questione era sicuramente quella di Alessandria, anche perché la santa patrona d’Italia ancora doveva venire al mondo. Alberto tenne fede alla promessa fatta e si ritirò in una spelonca a strapiombo sul lago. Con ogni evidenza, la fama di santità dell’eremita dovette diffondersi fra le popolazioni locali, che a lui si rivolsero per sfuggire alla peste. Scongiurata l’epidemia, alcuni uomini si unirono al pio mercante per dar vita a una prima forma di comunità monastica.
Alberto morì intorno al 1205 e purtroppo le informazioni sulle prime fasi dell’eremo sono molto vaghe e frammentarie. Difficile dire quanti fossero i monaci o come vivessero. Sappiamo della presenza dei Domenicani a partire dalla prima metà del XIII sec., a cui succedettero gli Eremiti Ambrosiani nel secolo successivo. Gruppi religiosi a tutti gli effetti, verosimilmente dotati anche di un certo patrimonio, visto che i tre edifici di cui si compone il cenobio conservano pregevoli affreschi. Il più importante è stato ritrovato qualche decennio fa, ma ci arrivo fra un attimo. Prima vorrei concludere la storia. Dopo gli Ambrosiani fu la volta dei Carmelitani. Il convento continuava, per quanto possibile, a crescere. La posizione rendeva impossibile lavori di ampliamento troppo arditi né, tanto meno, la costruzione di nuovi edifici. Al massimo dello sviluppo, l’eremo contava una quindicina di confratelli, che tanto larghi non dovevano stare.
Poi la rapida decadenza: nel XVIII sec., il numero esiguo di monaci portò alla soppressione di numerosi conventi, fra cui quello di Santa Caterina del Sasso, che fu affidato alle cure della vicina parrocchia di Leggiuno. Disabitato, l’eremo andò incontro a un progressivo abbandono, cui si cercò di porre rimedio, all’inizio del Novecento, dichiarando il luogo Monumento Nazionale. La rinascita cominciò però in epoca ben più recente, quando l’amministrazione provinciale di Varese si decise per l’acquisto del complesso e per il finanziamento di delicate opere di restauro e consolidamento.
Questa la storia. Ora passiamo alla meraviglia. L’eremo di Santa Caterina è aggrappato alla roccia: sotto il lago, sopra il cielo, tutto intorno un panorama dolcissimo. Serve tempo per giungere al cuore di quest’angolo di paradiso. Che si arrivi in barca oppure a piedi, il monastero va “conquistato”. Si giunge fino all’ingresso, si percorre il portico a strapiombo sul Verbano, si attraversa il convento meridionale. E poi si passa il cortile del torchio, il conventino gotico, l’altro cortile, sino alla chiesa.
E anche la chiesa ci invita alla scoperta. Sì, perché si entra da dietro l’altare e all’inizio si vede una sorta di corridoio. Serve qualche istante per orientarsi e per capire la disposizione. In origine la cappella era piccolissima (e ancora la si vede, in fondo, oltre le panche per i fedeli). Poi, visto il crescente numero di pellegrini, le fu affiancata una seconda. E poi una terza, una quarta e pure una quinta. Finché non si pensò di abbattere i muri che dividevano i singoli sacelli per creare un’unica grande chiesa.
Naturale che si pensasse a un nuovo apparato decorativo, che a lungo celò gli antichi affreschi medievali. Solo negli anni Ottanta, la lungimiranza di un padre domenicano consentì di riscoprire le pitture di epoca giottesca. Benché molto rovinati, i dipinti sono altamente evocativi e di grande intensità. Pare si tratti dello stesso anonimo maestro che decorò quel gioiello che è la basilica di Sant’Abbondio a Como. A dimostrazione delle la possibilità economiche ed organizzative dei monaci, nonché della fama del cenobio.
La meraviglia è dunque artistica, storica e, per chi è credente, religiosa. Ma ve n’è una ulteriore e basta fare appello alla propria umanità per goderne. A Santa Caterina del Sasso c’è silenzio, c’è sospensione, c’è dialogo fra architettura e natura. Nulla è di troppo, perché il luogo è essenziale. Quell’essenziale che, tante volte, è invisibile agli occhi qui si mostra generoso in tutta la sua bellezza.
Qui trovate tutte le info per visitare l’eremo.