Negli Stati Uniti d’America oggi è il cosiddetto Election Day. Capita tutti gli anni “il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre”. Ma perché questa definizione così contorta?
Quest’anno, complici altri problemi, le elezioni presidenziali americane sono passate un po’ in secondo piano. Certo sappiamo tutti che il democratico Biden sfida il presidente uscente Donald Trump, più o meno abbiamo capito che i candidati sono stati scelti col sistema delle elezioni primarie e pure attendiamo di conoscere l’esito per tentare di cogliere presagi su cosa accadrà alla politica mondiale. Ecco, io non vorrei occuparmi di tutto ciò. Non sono abbastanza qualificata per farlo e la mia opinione è semplicemente quella di una privata cittadina.
Quel che vorrei raccontare è, ovviamente, una curiosità. E cioè perché negli USA l’Election Day, vale a dire il giorno in cui si vota per qualunque aspetto della vita pubblica, cada “il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre”. Un po’ arzigogolata come definizione. E, infatti, quando, durante un tour negli Stati Uniti, mi capita di spiegare la faccenda c’è sempre qualcuno che avanza l’obiezione più ovvia: ma non si può fare il primo martedì di novembre? No, non si può. Come mai? Ve lo spiego subito.
Procediamo con ordine. Bisogna anzitutto ricordare che, in origine, esattamente come avviene da noi, non era stato stabilito un giorno fisso per le votazioni. Pare che ciò fosse semplicemente il frutto di una dimenticanza, nel senso che i rappresentanti delle Tredici Colonie, riuniti a Philadelphia per gettare le basi le basi della democrazia americana, non si posero il problema. E, aggiungo, c’era pure da capirli: nel 1787 eleggere un capo di Stato era un fatto nuovo, quindi posso immaginare che tante questioni si ponessero mano a mano che il tempo passava e le istituzioni si consolidavano.
Fatto sta che, non esistendo un Election Day, ogni Stato si organizzò come meglio credeva. Ciò, però, creava un problema non indifferente: d’accordo che exit-poll e proiezioni in tempo reale erano di là da venire, ma un minimo di uniformità per evitare brogli e influenze sull’elettorato erano comunque auspicabili.
Per questo motivo, complice anche l’espansione territoriale degli Stati Uniti, nel 1845 il Congresso decise per un giorno unico di votazione. Il periodo fu scelto in base alla constatazione che, allora, la stragrande maggioranza della popolazione era impiegata nell’agricoltura. Dunque bisognava attendere la fine del raccolto onde evitare che l’Election Day interferisse con una stagione economica importante. D’altra parte, non sono pochi gli Stati dove l’inverno, e con esso il freddo e il gelo, arriva piuttosto presto. Ecco quindi che l’inizio di novembre si presentava come momento ideale.
Stabilito il periodo occorreva fissare il giorno. Il Congresso scartò la domenica, giorno di culto, e pure il mercoledì, giorno di mercato. Lunedì? Ebbene, no. Perché per andare a votare molti elettori dovevano spostarsi nella città più vicina e, in calesse, occorreva tempo. Di conseguenza, gli aventi diritto avrebbero dovuto lasciare casa già la domenica, giorno gradito a Dio. Analogamente, il giovedì non poteva essere preso in considerazione. Certo non si poteva lasciare il mercato del mercoledì per andare a votare!
Ecco dunque affacciarsi il timido martedì. Martedì era il giorno perfetto per l’Election Day. E così siamo giunti alla domanda che mi sento rivolgere durante i tour negli Stati Uniti: ma allora perché non il primo martedì di novembre? Qui di motivi ne ho ben due, poi scegliete voi quello che preferite.
Il primo è un tantino tecnico, ma provo a spiegarlo. Giova ricordare che, negli Stati Uniti, il sistema elettorale non prevede l’elezione diretta del Presidente. I cittadini, infatti, eleggono i loro rappresentanti, in numero variabile a seconda di ogni Stato, che a loro volta nominano il Capo di Stato. Di fatto, però, già con lo spoglio di mercoledì si saprà il nome del vincitore perché, naturalmente, il partito che conquista la maggioranza al Congresso elegge il candidato scelto alle primarie. Quindi, saputo qual è il partito di maggioranza, si conosce in automatico chi soggiornerà alla Casa Bianca per i prossimi quattro anni.
Questo di fatto. Ma dal punto di vista formale la trafila è un po’ più lunga. Perché gli eletti si incontrano, ciascuno nella capitale del proprio Stato, il “primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre” per votare definitivamente per l’elezione del Presidente. Sto ancora tentando di capire perché proprio quel giorno, ma ci arriverò (e scriverò una nuova avvincente puntata). Quindi, siccome nel 1792 avevano già deciso che fra elezioni e nomina non dovessero passare più di 34 giorni, si optò per la “il primo martedì dopo il primo lunedì di novembre”. Prevengo l’obiezione: se quanto ho scritto è corretto, dall’Election Day alla nomina ufficiale di giorni ne passano ben di più. Vero. Ma la norma del “primo lunedì dopo il secondo mercoledì” risale al 1936.
La spiegazione più semplice (e senza numeri!) è un’altra. Il primo di novembre è la festa di Ognissanti (e la notte che la precede è Halloween). Ora come ora questo giorno non è più festivo, ma lo era un tempo. Quindi v’era il rischio che la data dell’Election Day andasse a coincidere con quella di una festività religiosa. E di qui l’astuto stratagemma.
Oggigiorno il problema è un altro: sono tanti quelli che al martedì lavorano. E per questo, da alcuni anni a questa parte, v’è un movimento di opinione che chiede di cambiare la regola dell’Election Day. Pare che, al momento, non siano presi molto sul serio (complice la possibilità di votare per corrispondenza). Però il nome che gli aderenti al movimento si sono scelti è davvero curioso: Why Tuesday? Ho provato a spiegarlo, ma temo che loro non ne siano del tutto convinti!
Ringrazio l’amico Donatello per la foto che ho scelto per la copertina. Maestro, speriamo di viaggiare presto di nuovo insieme!