Il monumento a Bartolomeo Colleoni, a Venezia, è l’unico ad avere almeno due secoli di storia alle spalle. Ha una storia curiosa, che vale la pena di raccontare…
Ci avete mai fatto caso? A Venezia, passeggiando per calli e campielli, di statue se ne vedono ben poche. Certo ce ne sono: il monumento a Vittorio Emanuele II sulla Riva degli Schiavoni (fra l’altro, abbastanza “impegnativo”), quello a Carlo Goldoni nei pressi del Ponte di Rialto oppure, meno nota, la scultura dedicata a Daniele Manin nel campo omonimo. Ci sarebbero poi anche un’opera dedicata a Vivaldi e un’altra dedicata all’Immacolata davanti alla stazione di Santa Lucia. Però, insomma, per una città dalla storia gloriosa come quella di Venezia, in effetti sembra un po’ pochino…
Tutta colpa delle severe leggi della Repubblica Veneziana, che vietava a chiunque, anche al più importante dei dogi, di avere un monumento pubblico. E, infatti, le statue che ho citato fin qui sono tutte ottocentesche, tranne quella di Vivaldi che è pure più recente. In realtà un’eccezione c’è e si trova nel Campo Santi Giovanni e Paolo. Si tratta del monumento equestre che rappresenta Bartolomeo Colleoni, realizzato addirittura da Andrea del Verrocchio, uno dei geni del Rinascimento italiano.
Ora, il Colleoni non era proprio veneziano, almeno stando alla geografia moderna. Era bergamasco, ma occorre ricordare che dalla prima metà del XV sec. i territori ricompresi fra l’Adda e la laguna entrarono a far parte del cosiddetto “Stato da Tera”, ovverosia dello Stato veneziano sulla terraferma. E il Colleoni fece parecchio per la Serenissima. Senza scendere nei dettagli delle complicate vicende fra Ducato di Milano e Repubblica di Venezia, è indubbio che il protagonista della nostra storia ebbe un ruolo di primissimo piano in numerose battaglie. Il che gli consentì di accumulare ingenti ricchezze e di costituire un feudo alquanto esteso. Senza peraltro, da buon mercenario, disdegnare la possibilità di passare al soldo del nemico al momento opportuno. Per poi tornare con i veneziani, strapagato e con ancora maggior potere.
Il Colleoni aveva però un cruccio. Il suo quasi coetaneo Francesco Sforza, da capitano di ventura era riuscito a fare, per così dire, il salto di qualità. Grazie al matrimonio con Bianca Maria Visconti e grazie alle sue abilità sul campo e in ambito diplomatico, era riuscito a diventare Duca di Milano. Era cioè stato capace di essere messo a capo di uno degli Stati più ricchi e influenti dell’Europa del Quattrocento. Il Colleoni, invece, non fu capace di un’excalation analoga. Nonostante le nobili origini, attestate sin dall’epoca longobarda, un buon matrimonio (anche se sua moglie non era certo una Visconti) e capacità militari invidiabili, restò sempre e soltanto un condottiero.
Condottiero e ambizioso, come abbiamo fin qui visto. E, pertanto, si convinse del fatto che, in un modo o nell’altro, sarebbe dovuto entrare nella cerchia di coloro che la posterità tutta avrebbe ricordato. E di qui l’idea. Una statua con la sua effigie nella città che vietava espressamente i monumenti. E il monumento era da collocarsi non su un campo qualsiasi, ma in piazza San Marco, l’unica piazza (perché, tecnicamente, a Venezia non ce ne sono altre) in tutta la laguna. Pare che i consiglieri veneziani non fossero molto entusiasti della proposta, un tantino megalomane. Tanto più che per la realizzazione del monumento si scomodò il Verrocchio. D’altra parte, il Colleoni serviva alla Repubblica e quindi una soluzione bisognava pur trovarla.
E alla fine gli abili diplomatici veneziani trovarono la quadra. Convocato il Colleoni, gli comunicarono l’intenzione, da parte della Repubblica, di intitolargli un monumento equestre, degno del suo rango. Quanto alla collocazione, la promessa fu solenne: “non ti preoccupare, lo metteremo proprio vicino a San Marco.”. E, a ben guardare, i Veneziani non mentirono: ancora oggi la statua fa bella mostra di sé accanto alla Scuola Grande di San Marco. Non è la basilica, certo. Ma nessuno può obiettare che non sia San Marco.