Il Chelsea Market, allestito dove un tempo di producevano i biscotti Oreo, è attualmente uno dei luoghi più amati dai visitatori e anche dai newyorchesi. Una tappa da non perdere, anche per capire meglio l’evoluzione di Manhattan.
Avete presente i biscotti Oreo? Quelli al cioccolato fondente farciti di crema bianca? Ebbene, un tempo erano prodotti a Manhattan, nella zona di Chelsea. La Nabisco (National Biscuit Company) aveva infatti una linea di produzione sulla 9th Avenue, a cavallo fra la 15a e la 16a Strada. Sopra al tetto della fabbrica si trovava la West Side Line, una ferrovia sopraelevata destinata soprattutto ai treni merce che correva sul lato occidentale dell’isola newyorchese. Parlo di molto tempo fa perché la linea ferroviaria venne dismessa nei primi anni 80, mentre la Nabisco, attiva dal lontano 1898, si trasferì in periferia nel 1959.
Allora Chelsea non era sicuramente il quartiere alla moda che è ora. La sola Nabisco possedeva 19 capannoni industriali nella zona, dove peraltro era insediato anche il Meatpacking District, vale a dire il distretto adibito alla macellazione e smistamento delle carni. Un’area industriale, dunque, che vide un declino economico inarrestabile a partire dai primi anni Sessanta. La decadenza favorì l’arrivo della delinquenza e di diversi locali notturni dalla dubbia fama.
Ma, come spesso accade a New York (e più in generale nelle grandi città statunitensi), questo forte degrado portò alla rinascita. Artisti squattrinati cominciarono ad insediarsi a Chelsea, complici affitti a prezzi stracciati e la varia umanità che affollava il quartiere. Gli artisti, però, fanno tendenza e quindi le zone dove loro abitano diventano improvvisamente “cool”. Gli americano chiamano questo processo “gentrification”: quartieri un tempo popolari e spesso malfamati cambiano pelle e si trasformano in luoghi ambitissimi dalla classe media e medio-alta. Mi scuseranno i sociologi per questa spiegazione frettolosa e ridotta ai minimi termini, ma, di fatto, è ciò che è avvenuto in tanti quartieri della Grande Mela. Va da sé che anche i grandi speculatori edilizi ci mettano del loro, perché trasformano in oro quello che, fino a qualche decennio prima, cadeva in abbandono.
Questo è accaduto a Chelsea, con un’ulteriore nota a favore: per quanto molto si sia costruito ex-novo, qui si è dato vita anche a interessanti recuperi, che hanno trasformato edifici e infrastrutture senza intaccare la loro consistenza originaria. E’ il caso della West Side Line, oggi nota con il nome di High-Line, che è diventata un bellissimo giardino pensile. E questo è il caso della fabbrica degli Oreo, che è diventata un piccolo centro commerciale, davvero molto chic.
Si chiama Chelsea Market e non lasciatevi ingannare dal nome: non è un mercato coperto come quello, bellissimo, che hanno aperto nella Grand Central Station. E’ di fatto una galleria dove si trovano negozi e ristoranti, alcuni dei quali anche piuttosto blasonati (penso ad esempio al giapponese Morimoto, il cui spazio interno è stato concepito da Tadao Ando). E’ però molto simpatico trovare prodotti insoliti, come pennarelli per colorare i biscotti, prodotti alimentari biologici oppure vestiti che non provengono dalla solite catene internazionali. Così come è sfizioso poter bere un espresso (decente!), assaggiare un tipico scone inglese o concedersi una pausa “parigina” in un bistrot. Perché al Chelsea Market si può fare un giro del mondo in ottanta cucine: non manca nemmeno il Currywürst di Berlino accompagnato dall’immancabile Bretzel.
La cosa che però amo di più è l’aspetto visivo e sonoro. Gli architetti che si sono occupati del recupero, appartenenti allo studio Vandeberg, hanno lasciata intatta l’idea della fabbrica: tubi a vista, ventilatori, travi color ruggine, l’assenza di decorazioni e il tetto a falde fanno capire immediatamente la primitiva vocazione dell’edificio. Vi è poi anche una sorta di fontana, in realtà è acqua che scaturisce da un tubo “rotto”; il rumore dell’acqua in qualche modo evoca l’idea di produzione, un po’ come capita quando si visita un mulino. E i più attenti possono trovare fotografie d’epoca e cimeli vari che certificano la storia del capannone.
E’ un luogo che amo in ogni stagione perché se d’inverno può essere un piacevole rifugio quando fuori fa troppo freddo, in primavera o in estate l’attigua High-Line diventa una tappa quasi obbligata. Vedere New York fiorire, anche in senso figurato, e trovare una sua identità, che preserva il passato senza rinunciare alla modernità, è per me fonte di grande ispirazione. E, non a caso, il Chelsea Market è ora una delle tappe irrinunciabili per chiunque visiti la Grande Mela.
Per i curiosi che vogliono saperne di più, ecco il link al sito ufficiale: http://chelseamarket.com/