Ci sono luoghi che si scoprono per caso. E, una volta trovati, ci si chiede come sia stato possibile ignorarli fino a quel momento. E, confesso, me lo sono chiesta a più riprese visitando la Fondazione Martin Bodmer.
Faceva caldo quel pomeriggio di fine agosto a Ginevra. Parliamo di due anni fa. Avevo mezza a giornata libera e tanta voglia di godermela davvero. Qualche ora prima avevo intravisto dei manifesti che pubblicizzavano una mostra dal titolo suadente (almeno per me): Des Jardins & des Livres. Mancava solo la musica per raggiungere la perfezione. Ma la curiosità era già troppo forte per preoccuparmi davvero di questa mancanza. Cartina alla mano, ho individuato l’ubicazione della sede espositiva, cioè la Fondazione Martin Bodmer a Cologny. E per fortuna l’hotel mi aveva omaggiata della tessera per i mezzi pubblici, vista la location un po’ fuori mano!
Ho mangiato un panino al volo e mi sono incamminata. Dato il mestiere che faccio non dovrei dirlo, ma di voi di fido e so che manterrete il segreto: ho sbagliato fermata e quindi ho dovuto percorrere un bel pezzo a piedi. In salita. Con una discreta afa. Individuare la Fondazione Bodmer è stato però abbastanza semplice, sebbene l’ingresso non sia per nulla appariscente. Ho investito i miei bravi 15 Franchi di biglietto e sono entrata.
Nel giro di pochi secondi sono passata dalla luce accecante del primo meriggio a quella soffusa dello spazio espositivo, dal caldo soffocante al fresco rassicurante del museo. La mostra era bellissima e sono consapevole di aver visto meraviglie cui difficilmente mi accosterò in futuro. La prima edizione aldina dell’Hypnerotomachia Poliphili del 1499, per esempio, o tanti altri testi che ho visto citati spesso studiando la storia dei giardini. Un’esposizione decisamente di nicchia, non lo nego, ma talmente curata che era impossibile non apprezzarla. Non fosse altro per il fatto che le miniature e le illustrazioni a corredo dei volumi erano talmente affascinanti da poter passare ore intere ad ammirare i dettagli.
Passata in rassegna la mostra, mi sono dedicata alla collezione permanente. E’ un viaggio nel tempo e nello spazio, non saprei come catalogarla altrimenti. Da antichi testi egizi e mesopotamici fino alla prima edizione di Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque, muovendomi di vetrina in vetrina sentivo crescere in me la curiosità e lo stupore. Un crescendo quasi musicale, una sorta di sinfonia per gli occhi e l’intelletto. Essere a tu per tu con le lastre di prova della Recherche di Proust con le sue correzioni autografe (ne vedete un dettaglio nella foto di apertura) o poter ammirare il manoscritto della IV Sinfonia di Mahler per me è stato semplicemente inebriante.
Tantissimi dei testi esposti mi erano più o meno ignoti. E infatti ho preso qualche appunto ripromettendomi di approfondire. Amo molto quella poesia di Gianni Rodari che dice “d’imparare non si finisce mai, e quel che non si sa è più importante di quel che si sa già.” In effetti, all’interno della Fondazione Bodmer mi sono sentita come una scolaretta al suo primo giorno di scuola, affacciata su un mondo nuovo e intrigante, pronta a lasciarsi guidare nella scoperta.
Quando sono uscita dal museo l’ora della mia irrinunciabile merenda era passata da un pezzo. Il sole era ancora alto in cielo e il lago Lemano uno splendore. Non avevo fretta di tornare, volevo gustare ancora per un po’ tutta la gioia di quel pomeriggio. E così mi sono incamminata di nuovo, sono scesa sulla riva e, passo dopo passo, sono tornata nel centro cittadino.
Certo ho invidiato non poco Martin Bodmer, che nel corso della sua vita ha collezionato circa 150.000 libri, fra i quali molte rarità. Servono molti soldi, certo, ma anche una grandissima sensibilità. La stessa che serve per decidere di aprire ai visitatori una biblioteca così speciale. Si dice che nel 1971 Bodmer abbia ricevuto un’offerta di 60 milioni di dollari per la sua collezione, ma lui ha preferito agire diversamente, mettendo la meraviglia raccolta in una vita a disposizione di tutti. E questo mi ha fatto pensare a quanto i libri siano vivi e portatori di ottimi consigli. Bisogna solo saperli ascoltare.