Il Biscione è da secoli lo stemma milanese per eccellenza, tanto da essere stato utilizzato anche come fonte di ispirazione per la creazione di marchi. Nessuno ne conosce l’origine, quindi fioriscono leggende…
Così come a Venezia è facile vedere leoni alati, simbolo dell’evangelista Marco, a Milano ci si imbatte nel “Biscione”. Emblema antico, ripreso peraltro in epoche più recenti da colossi quali Alfa Romeo e Fininvest. Nessuno sa esattamente quale sia il legame fra il capoluogo lombardo e il grosso serpente, sicché le versioni sono molteplici (e anche piuttosto differenti fra loro).
Da un lato vi è chi sostiene che l’origine dello stemma sia da ricercare nella figura di Tarantasio, leggendario drago che infestava il lago Gerundo, a sud di Milano. Ora, è in effetti ritenuto da diversi studiosi che, in periodi preistorici, quella zona paludosa sia effettivamente esistita, meno plausibile è la presenza di una enorme creatura che, per giunta, soffriva di… alitosi. Pare infatti che la bestiola non solo spaventasse a morte la popolazione locale cibandosi di bambini, ma che solesse rendere l’aria irrespirabile a causa del suo fiato pestilenziale. I geologi ascrivono il fenomeno alla presenza di giacimenti di metano e di idrogeno solforato, ma, in tutta onestà, provo più simpatia per la spiegazione popolare.
Ad ogni modo, la tradizione vuole che un bel dì Tarantasio venisse ucciso da un prode eroe. Chi fosse nessun lo sa, visto che le interpretazioni sono varie. Qualcuno dice fosse Federico Barbarossa, qualcun altro il capostipite della famiglia Visconti, mentre i più religiosi ritengono che san Cristoforo abbia dato il suo valido contributo. Tutti però concordano nel ritenere che lo stesso eroe bonificò l’area, facendo sparire non solo il drago, ma pure il lago.
D’altra parte, nemmeno i sostenitori della seconda versione dei fatti concordano su tutti i particolari e sui protagonisti della vicenda. In breve, si tratta della storia di un cavaliere che si era assopito su un prato e che al risveglio, mentre si rimetteva l’indispensabile elmo, si avvide solo all’ultimo istante che in esso si era annidata una vipera ed ebbe così modo di mettersi tempestivamente in salvo. Difficile dire se l’anonimo armigero fosse il longobardo Desiderio oppure Azzone Visconti.
E, legata ai Visconti, v’è un’ulteriore diceria circa la genesi del biscione. Non manca infatti la tesi secondo la quale Ottone Visconti, partecipando alla Crociata, sconfisse un infedele, il cui vessillo era proprio quello che tuttora è lo stemma di Milano. In effetti, il codice cavalleresco prevedeva la possibilità di impossessarsi delle insegne di un nemico vinto, ma solo se il vincitore fosse stato privo di armi. Un modo, questo, per suggerire la non ricca origine dei Visconti, anch’essa avvolta nel mito.
Non crediate che i problemi interpretativi siano finiti, perché, guardando bene lo stemma, si nota un elemento che non ho ancora citato. Il biscione ha tra le fauci un bambino o, più genericamente, un essere umano. Strano a dirsi, nemmeno sul valore da dare a questo emblema le opinioni concordano.
Se si tiene buona la leggenda legata ad Ottone Visconti, era il saraceno sconfitto ad aver scelto in origine il mostro nell’atto di divorare un uomo, a voler sottolineare la sua invincibilità (prima di incontrare Ottone, evidentemente).
Se, invece, parteggiate per Tarantasio, sappiate che il bimbo rappresentato è quello che fu fatto sputare al biscione quando fu ucciso. In questo caso, dunque, il bambino è associato all’idea di quella rinascita che Milano visse grazie al buon governo dei Visconti.
Il biscione divenne stemma in tutto il Ducato, tant’è che ancora lo si trova con una certa frequenza in varie zone della Lombardia e pure in Canton Ticino. Basti pensare allo stemma di Bellinzona, dove però, curiosamente, manca il bambino fra le fauci. Come mai? Ve lo spiegherò in un post dedicato!