Visitare i luoghi dello Sbarco di Normandia non è solo un modo per conoscere meglio una pagina della storia contemporanea. E’ anche l’occasione per accostarsi al dolore e all’inutilità della guerra. Ed è per questo che Omaha Beach (… e non solo) non devono mancare da un viaggio in Normandia ben organizzato.
Una poesia di Verlaine e lo sbarco degli Alleati sulle spiagge della Normandia, che cosa hanno in comune? La Canzone d’Autunno è stata usata come codice per annunciare alla Resistenza francese l’imminente sbarco in Normandia (6 giugno 1944). Alle ore 21 del primo giugno, Radio Londra trasmette i primi due versi. Il messaggio in codice annuncia che l’invasione è ormai vicina e sarà confermata dai successivi due versi della stessa poesia, entro quarantotto ore dalla data effettiva dell’attacco. La BBC, in effetti, il 5 giugno trasmette il terzo ed il quarto verso della poesia. Una poesia delicata, quasi diafana, ad anticipare un attacco su vastissima scala, destinato a cambiare il volto degli ultimi 80 anni della nostra storia. Un contrasto stridente, apparentemente inconciliabile. Esattamente la stessa sensazione che ho provato arrivando, per la prima volta, a Omaha Beach.
Il cimitero americano
La Normandia è una terra davvero straordinaria: luogo di contrasti e di rara bellezza. Le tracce dei tragici eventi del giugno 1944 ci accompagnano lungo tutto il nostro viaggio, aggiungendo a questo angolo di mondo, un fascino molto particolare. Una sorta di attrazione respingente. Sono passati tanti anni da quel maledetto 1944 ma la guerra, in una certa forma, è ancora presenza ‘viva’ e visibile, soprattutto avvicinandosi a Colleville-sur-Mer. Direzione cimitero americano e Omaha Beach.
L’8 giugno 1944, l’esercito americano istituisce provvisoriamente a Saint-Laurent-sur-Mer il primo cimitero statunitense della seconda guerra mondiale in terra europea. Qualche anno dopo, viene creato il grande cimitero di Colleville, nei pressi di Omaha Beach. L’edificazione di questo complesso viene affidato allo studio di architettura Harbeson, Hough, Livingston & Larson. Nel 1956 questo pezzo di territorio statunitense in terra francese apre al pubblico.
La prima impressione e qualche numero
Devo confessare di essere arrivata qui con un misto di curiosità, timore e qualche ‘pregiudizio’. Temevo di trovare un luogo ormai condizionato dal flusso turistico più che dalla memoria. Fortunatamente, mi sbagliavo. Una cosa mi colpisce immediatamente: la bellezza della natura di queste spiagge. Il cimitero è collocato su una scogliera: il verde degli alberi, l’oro della sabbia e l’azzurro di mare e cielo. Il mio primo istinto è quello di scendere in spiaggia per godere di tanta calma ma non siamo qui per questo…
Come sempre mi capita quando sono in un luogo che non conosco, la mia attenzione si sposta sulle persone che mi circondano. Davanti a noi camminano un papà di una quarantina d’anni o poco più con i suoi due figli: una bambina di circa 10 anni e un bambino di forse 12 o 13. Mi colpisce il modo in cui il padre spiega che cosa è stato lo sbarco in Normandia per la loro famiglia. Salta agli occhi il fatto che li abbia portati qui perché imparino a dare forma e corpo alle storie dei loro nonni e bisnonni. Un vero e proprio esercizio di memoria.
Arriviamo al primo campo di sepoltura: tutte quelle croci bianche in fila… Le ho viste tante volte in fotografia ma essere qui ad Omaha Beach è un’altra cosa. Fa male al cuore pensare che qui sono sepolti 9387 soldati americani, 307 dei quali ignoti e 4 di sesso femminile. Per la maggioranza sono deceduti durante lo sbarco o le operazioni belliche successive. Oltretutto, sono solo una parte dei caduti, dal momento che circa 14000 di essi sono stati rimpatriati per volere delle famiglie. Così tante vite perse in così poco tempo. Dolorosamente incredibile se ci si pensa razionalmente.
Il Memoriale
Sul lato est del complesso c’è un giardino semicircolare, delimitato da un muro sul quale sono poste le targhe dei 1557 soldati americani dispersi o non identificati. Il Memoriale, a cui si giunge attraverso questo giardino, presenta un colonnato a semicerchio, che individua sia a destra che a sinistra una loggia. Qui si trovano due illustrazioni rappresentanti le operazioni belliche della Battaglia di Normandia. Una miniera di informazioni per gli appassionati di storia militare ma forse, ai miei occhi, uno dei luoghi meno interessanti di questo percorso.
La capsula del tempo: il 2044 è vicino
Noi, in realtà, siamo alla ricerca di una capsula del tempo, interrata di fronte al vecchio ingresso del cimitero. Contiene notizie e informazioni riguardanti il D-Day. La capsula è chiusa da una lastra di granito su cui è incisa la scritta «To be opened June 6, 2044». Chissà che cosa scopriremo alla sua apertura tra 20 anni. Oddio, pensandoci bene… manca così poco? Come è possibile che un evento come questo sia, allo stesso tempo, tanto vicino e tanto lontano? Sono passati 80 anni da quel giorno, ma per quell’anziano signore americano che abbiamo incontrato mentre cercavamo la capsula del tempo sembrano non essere passati. Lo abbiamo visto piangere un dolore incredibilmente presente. Non so dire se fosse venuto a salutare dei commilitoni o magari un fratello o un amico… quello che so è che vederlo, accompagnato dalla sua famiglia, commuoversi in quel modo, mi ha restituito il senso di questo memoriale più di ogni altra cosa.
Un personale suggerimento
Esco dal cimitero di Colleville molto più emozionata di quanto avrei pensato. Non posso che consigliare questa tappa, fondamentale per capire la Normandia. Eppure… nella mia memoria si è impresso in modo indelebile soprattutto un altro cimitero: quello di Benouville. Io e Daniela abbiamo casualmente soggiornato in questo paesino di campagna, fuori dai circuiti più battuti. Dopo cena, abbiamo fatto quattro passi e siamo finite a curiosare nella chiesa del villaggio ma soprattutto nel piccolo cimitero annesso. Accanto alle tombe degli abitanti del paese, trovano ancora spazio tanti ragazzi venuti da lontano e morti in quei pochi maledetti giorni del 1944. Quasi 40. Tutti giovanissimi: scozzesi, neozelandesi, australiani…
È a Benouville che ho davvero dato un nome e, in qualche caso, anche un volto a quei ragazzi. Mi sono ritrovata a pensare che sia giusto che la comunità di questo piccolo villaggio francese si prenda ancora cura delle loro tombe e li abbia, se così si può dire, ‘adottati’. In Normandia ci sono tanti piccoli cimiteri di paese, tante Benouville: se ne avete occasione, andate a visitarne uno. Vi garantisco che non sarà un’emozione meno intensa del vedere Juno Beach o Arromanches.