Autobus che passione! I mezzi di trasporto che vediamo tutti i giorni nascondono talvolta curiosità affascinanti. E’ sicuramente il caso dei pullman, dietro ai quali si cela un mondo…
Per apprezzare appieno questa foto occorre avere una passione: quella per gli autobus. Capisco che potrebbe sembrare bizzarra, ma chi frequenta il mio ambito professionale sa che non è per nulla infrequente e, confesso, nel tempo ha contagiato pure me. Per averne conferma chiedete ai miei amici che si sono lanciati nella spericolata avventura di portarmi in vacanza: quando vedo un pullman (quasi) tutto il resto diventa secondario.
Figuratevi dunque la mia sorpresa di fronte a questa casa, scovata nel quartiere dei pescatori di Ulm, in Baden-Württemberg. L’insegna è eloquente, anche se immagino che chi non è del ramo non conosca il nome Kässbohrer. Basta però avvicinarsi e leggere la targa rossa posta a fianco alla porta (e scritta rigorosamente in tedesco) per saperne di più. Si scopre infatti che l’edificio sito nella Fischgasse al n. 23 fu abitato da diverse generazioni di detta famiglia, che “con le loro innovazioni plasmarono in modo decisivo la storia e lo sviluppo degli omnibus”.
Karl Heinrich Kässbohrer, già proprietario di una carrozzeria, nel lontano 1911 ebbe l’intuizione di montare su un autocarro la carrozzeria di un omnibus, dando di fatto vita a quello che ancora oggi chiamiamo autobus. E’ vero che già alcuni anni prima un tale di nome Karl Benz aveva applicato il motore a scoppio a delle carrozze di tipo Landauer, ma la scarsa maneggevolezza dei mezzi aveva fatto sì che il servizio pubblico di linea cui erano destinati fosse soppresso dopo pochi mesi dalla sua inaugurazione.
L’invenzione di Kässbohrer ebbe maggior successo, il che spinse i suoi figli a continuare con le innovazioni e ad ampliare il mercato: non solo pullman, ma anche rimorchi, bisarche e, successivamente, gatti delle nevi. Passione tramandata anche alla successiva generazione, tanto che, sul finire degli anni Sessanta la carrozzeria Kässbohrer era la prima produttrice di autobus in Germania, commercializzati con il marchio Setra. Il nome esiste ancora, benché dal 1995 sia di proprietà di Mercedes-Benz e, secondo molti autisti, rappresenta il non plus ultra quanto ad autobus che si trovino in commercio.
Fin qui la storia. Ora le curiosità. Visto il mio passato filosofico, posso informarvi con orgoglio che l’idea di trasporto urbano collettivo si deve a quel genio di Blaise Pascal, filosofo, matematico ed attento osservatore del mondo. Tanto attento da rendersi conto della necessità di far spostare gli abitanti di Parigi in maniera rapida ed economica. Fu lui dunque a far introdurre nella capitale francese le “carrozze a cinque soldi” (carrosses à cinque sols): con il duca di Roannez fondò una compagnia di trasporti, attiva dal 1662 al 1677, che vantava ben 5 linee che, a orari fissi, collegavano vari punti della città.
Anche il nome “omnibus” viene dalla Francia e precisamente da Nantes. Di solito si pensa che sia semplicemente l’espressione latina “per tutti”, ad indicare proprio il fatto che si tratta di mezzi di trasporto messi a disposizione di chiunque. C’è del vero, ma la storia è un po’ più sottile. “Omnes Omnibus” era infatti l’insegna di un negozio di cappelli gestito da monsieur Omnès, che da antesignano esperto di marketing aveva basato la fortuna dei suoi commerci su un gioco di parole: non sono una latinista esperta, ma il marchio può essere tradotto sia come “tutto per tutti” che come “Omnès per tutti”. Ora, proprio lì fuori l’imprenditore Stanislas Baudry aveva deciso di porre il capolinea di un servizio navetta che conduceva i suoi clienti dal centro cittadino sino al suo mulino, presso il quale aveva impiantato anche un rinomato centro termale. Per antonomasia, dunque, il nome passò dall’insegna al nome della vettura.
George Mortimer Pullman fu invece colui che per primo pensò di dotare i vagoni dei treni di comode poltrone e, in ultima analisi, di creare degli autentici hotel viaggianti. Non a caso, tuttora in inglese la parola “pullman” è riferita solamente all’ambito ferroviario, mentre da noi ha assunto il significato di autobus da turismo, proprio in virtù del maggiore comfort offerto. Insomma: mi devo ricordare di essergli grata, visto che grazie alla sua intuizione posso viaggiare senza procurarmi terribili mal di schiena!
E il torpedone? In realtà, dal punto di vista tecnico, è un mezzo un po’ diverso perché si tratta di un autobus scoperto, come quelli che in molte città offrono giri panoramici ai turisti. Il nome significa semplicemente “grande torpedo”, tipo di vettura priva di copertura assai in voga all’inizio del Novecento. Si usa come sinonimo di bus semplicemente perché, durante il periodo fascista, le parole straniere erano vietate. Vai tu a spiegare che era la dotta lingua dei progenitori e non idioma forestiero… ma questo è un altro argomento, che magari prima o poi affronterò.