Lontano dal Quai des Orfèvres: Jules Maigret a Saint-Fiacre, nei luoghi della sua infanzia.
Siete degli appassionati di gialli? Avete letto tutte le inchieste parigine del commissario Maigret? Questa potrebbe stupirvi: non tanto per la vicenda in sé (che ovviamente vi racconterò il meno possibile) ma per l’ambientazione.
Tutto comincia con un biglietto sibillino scritto su un foglio a quadretti: “Vi informo che nella chiesa di Saint-Fiacre, durante la prima messa del giorno dei Morti, sarà commesso un delitto”, recapitato alla Polizia Giudiziaria di Parigi. Sembrerebbe solo un macabro scherzo, nessuno considera con attenzione l’insolito avvertimento. Solo il commissario lo trova di un qualche interesse. Saint-Fiacre che si trova vicino a Matignon e Moulins? Sembra di sì, dunque il luogo di nascita di Maigret! Lui è nato à Saint-Fiacre, figlio dell’intendente del castello. Non ci è più tornato dopo il funerale del padre. Forse per questo non può ignorare quello strano foglietto e si vede costretto a presenziare a quella prima messa del giorno dei Morti.
Tutto sembra scorrere senza intoppi, lasciando al commissario anche il tempo di ripensare a quando da bambino faceva il chierichetto in quella stessa chiesa. Durante la funzione, però, l’anziana contessa di Saint-Fiacre muore, vittima di un attacco di cuore. Almeno così sembra. Maigret non può credere a una simile assurda coincidenza! Tanto più che quella donna ormai più che sessantenne era stata per lui, da bambino, una specie di mito. Alta, elegante, malinconica e quasi irraggiungibile…
Il commissario deve indagare e scoprire che cosa è realmente successo. In paese, apparentemente, tutto sembra essere simile a un tempo. Solo gli anni sono passati: coloro che erano bambini insieme a Maigret sono invecchiati ma sono ancora tutti riconoscibili. Solo Jules sembra essere diventati irriconoscibile ai loro occhi. E questo, in fondo, è un bene: il nostro investigatore non ha voglia di rivangare il suo passato.
Il castello è la vera amara sorpresa: un tempo elegante, adesso è luogo squallido e deprimente. “Ovunque polvere, vecchie cose prive di valore, un mucchio di oggetti inutili. Le tappezzerie erano sbiadite”. Anche i suoi abitanti sono squallidi: qualche svogliato domestico e il giovane segretario/amante della contessa. Maigret è adirato e addolorato per ciò che vede: la sua infanzia, in qualche modo, viene straziata durante questa inchiesta. “Non aveva voglia di tornare al castello. In quel luogo c’era qualcosa che lo disgustava, che lo indignava, anzi. Non che si facesse illusioni sugli uomini ma non poteva sopportare che infangassero i suoi ricordi d’infanzia!”. Rientrare nella casa in cui è nato gli è particolarmente odioso: dove giocava a biglie sullo sterrato ora c’è un pavimento di arenaria. Anche i mobili sono diversi, tranne il tavolo con i leoni, dove faceva i compiti…
L’indagine porta il commissario a scoprire le molte persone che vivono come parassiti, attaccati al patrimonio della vittima. Le chiavi per dipanare il mistero saranno un messale rubato e un assegno difficile da rintracciare. Eredità, debiti, inganni: non manca nulla. L’inchiesta si conclude con una cena dove Maigret è invitato assieme a tutte le persone coinvolte nell’indagine, compresi il prete e il medico condotto di Saint-Fiacre. Sarà una cena indigesta per il commissario.
Ma dove si trova, dunque, Saint-Fiacre? Nei romanzi, “Saint-Fiacre” è un paesino del dipartimento dell’Allier, a pochi chilometri da Moulins. In Francia, però, ci sono due cittadine denominate “Saint-Fiacre” ma nessuna si trova nel dipartimento dell’Allier! Il paese di Jules Maigret dunque non esiste? Forse no, ma sempre vicino a Moulins, a Paray-le-Frésil, il marchese Raymond d’Estutt de Tracy aveva una residenza, dove Simenon lavorò all’età di vent’anni come segretario personale. Sembra persino che il modello per il personaggio del padre di Maigret sia ispirato all’amministratore del castello. Vedete, anche quando i luoghi non sono reali, possono svelarci una lunga serie di curiosità.
Georges Simenon, Il caso Saint-Fiacre, Adelphi, Milano, 1996