Kahlenberg è oggi una bella collina boscosa appena fuori da Vienna. Raggiungerla è facile, grazie all’efficiente rete di mezzi pubblici della capitale austriaca. In passato, però, è stata teatro dello scontro tra due civiltà. Scontro che (forse?) ci ha lasciato in eredità anche i fragranti croissant.
Chissà perchè la gita fuoriporta più tipica che gli italiani fanno a Vienna si ferma a Grinzing. Villaggio grazioso, d’accordo, e interessante soprattutto se il motivo della visita è di carattere enogastronomico. A Grinzing ci sono gli Heuriger (alias osterie) e il tram fa capolinea proprio all’inizio del borgo. Ragioni valide, me ne rendo conto. Poi ci sarebbe pure la tomba di Mahler, ma qui andiamo già sul difficile. Il punto però è un altro: perché nessuno dice mai che Grinzing non è sulla cima della collina e che, prendendo un autobus di linea, in pochi minuti si può salire in vetta e godere di un bel panorama sulla città e sulla valle del Danubio?
Mistero; tant’è che anche io sul Kahlenberg, così di chiama la montagna, ci sono salita per la prima volta solo vent’anni dopo il mio primo viaggio a Vienna. Era una bella mattina di agosto, una volta tanto ero in vacanza e avevo molto tempo a disposizione. E così mi sono lasciata ispirare dal caso: non appena scesa dal tram, è arrivato il bus diretto a Kahlenberg e mi sono incuriosita. Sono salita al volo e non me ne sono pentita.
Musica per cominciare
In realtà, il nome Kahlenberg mi era noto dai tempi del liceo per via della battaglia che pose fine all’assedio ottomano di Vienna. E, con esso, al controllo turco sull’Europa orientale. Il mio libro di storia vi dedicava qualche paragrafo, ma il mio amore per la musica aveva già fatto sì che il Kahlenberg facesse breccia nel mio cuore. Si dà infatti il caso che la vittoria europea diede origine alla moda per le “turcherie”, declinate in tutte le sfumature. Vi dice nulla il rondò “alla turca” di Mozart? Ecco, il genio salisburghese lo compose esattamente cento anni dopo la battaglia. E in un secolo di musica alla turca se ne era scritta parecchio… c’è stato anche chi aveva messo in note lo scontro armato, scena per scena. E chi, poi, aveva teatralizzato il tutto mettendo insieme un testo che spiegava i fatti salienti. Lo so, sono strana. Ma io sono salita sul Kahlenberg perché in testa mi risuonavano quelle note e il racconto fatto dalla voce recitante.
Una passeggiata perfetta
Vi dico però la verità. Oggi Kahlenberg è un luogo di pace perfetto per il tempo libero. E’ difficile immaginare qui il re polacco Giovanni III Sobieski prepararsi allo scontro oppure il monaco Marco d’Aviano incitare le truppe al combattimento. Lasciandosi alle spalle il parcheggio, fatti pochi metri l’ansa del Danubio appare maestosa e, con essa, la città. E’ una visione “sospesa” perché il silenzio, anche in un’assolata giornata estiva, è così piacevole da trasportare quasi in un’altra dimensione. Vienna è vicina eppur lontanissima.
E poi ci sono bei sentieri da percorrere con calma, lasciandosi guidare dal caso e dalla curiosità. Ed è così che si può spuntare alla Stephaniewarte, bella torretta panoramica che Stefania del Belgio volle far edificare nel 1887. Purtroppo è chiusa, anche se i cartelli dicono che da lassù la vista sia superlativa. I percorsi nei boschi sono facili, ben segnalati e offrono, caso più unico che raro, la possibilità di non andare da nessuna parte. Ho passeggiato per ore per il gusto di farlo, senza l’ansia di avere un posto dove andare o un appuntamento da non perdere. Capita di trovare dettagli bizzarri, tipo la cabina del telefono in mezzo agli alberi… ho raggiunto, assolutamente per caso, anche il locale cimitero, che ho trovato discretamente interessante.
Leggende da sfatare…
Com’è ovvio, la battaglia di Kahlenberg, episodio cruciale per la storia europea, diede vita a un cospicuo numero di leggende. Prima fra tutte, che, per festeggiare la vittoria, i viennesi inventarono i croissant. La loro forma è, appunto, a luna crescente, così come quella che sventolava sulla bandiera ottomana. Si è perciò detto a lungo che si trattava di un modo per prendersi beffe degli invasori sconfitti. Solo che, al di là del fatto che non vi è alcun documento a riguardo, si sa che il kipfel (cioè il “papà” del croissant) esiste almeno sin dal Medioevo. Meno che mai è vera la storia secondo la quale fu Maria Antonietta ad importare i croissant dalla natia Vienna fino alla corte di Parigi. Ma questa è una storia che vi racconterò un’altra volta, perché è abbastanza curiosa.
E forse vi pare possibile che Marco d’Aviano, monaco francescano, abbia inventato il cappuccino? Che poi… possibile che il Kahlenberg abbia dato origine alla colazione italiana per eccellenza? E’ vero che i turchi introdussero una certa moda per il caffè, così come è certo che la spia degli europei era un commerciante di tale bevanda. Ma di qui a pensare che il buon frate, oltre a predicare a squarciagola, si desse da fare come barista? E’ verosimile che il nome del caffelatte derivi dal colore delle vesti dei monaci che tanto si adoperarono per la causa, ma tutto il resto è avvolto nel mistero. O, più semplicemente, è frutto dell’abitudine, che si diffuse in quel periodo, di ingentilire il caffè con latte e miele.
… e una storia vera
Come scrivevo, la moda ottomana non accennò a diminuire nel corso del tempo. Anzi, a lungo tutto ciò che era turco aveva fascino a prescindere. Finanche le inferriate delle finestre. Tant’è che delle belle grate antiche, provenienti dalla Budapest del ‘600, fanno ancora bella mostra di sè in un cortile di Mezzegra, sulle rive del lago di Como. Paese di ricchi mercanti, che, con ogni evidenza, dalla lontana Ungheria decisero di portarsi a casa un degno souvenir.
Ebbene, se andate a Vienna d’estate e avete un po’ di tempo, non disdegnate il Kahlenberg. Io sono salita con una guerra in testa e, invece, ci ho trovato la pace.