In moltissime lingue la parola “museo” suona più o meno sempre uguale. Pensiamo all’inglese museum, al francese musée, allo spagnolo museo o al tedesco Museum. Cambia la pronuncia, ma non la sostanza. Ma dove nacque questa espressione? E chi la inventò? Preparatevi a una storia assai curiosa!
Siamo così abituati ad usare le parole, che solo raramente ci soffermiamo a riflettere sul loro significato e sulla loro etimologia. Un ottimo esempio a riguardo è la storia di come è nato il sostantivo “museo”. Ognuno di noi ne avrà visitato più d’uno e ci sarà sempre sembrata una parola come un altro. Anche io, confesso, ci sono arrivata piuttosto tardi, cioè quando sono diventata guida di Como. L’argomento è riaffiorato nella mia mente qualche giorno fa, conversando con colei che chiamo la “cugina Trendy”. E’ mia cugina per davvero e saprebbe trovare l’outfit migliore anche per Olivia, la fidanzata di Braccio di Ferro. Ma non divaghiamo, al limite le chiederò di scrivere sui must-have che ogni donna deve avere nell’armadio (e che io sicuramente non ho).
Dunque che cosa c’entra il museo con Como? Certo la città lariana ha diverse collezioni aperte al pubblico, ma la questione è più affascinante ed è legata a un illustre umanista italiano, purtroppo sconosciuto ai più. Si chiamava Paolo Giovio, visse a cavallo fra XV e XVI sec. e dal lago arrivò sino a Roma, dove fece una discreta carriera. Entrato nelle grazie di Giulio de’ Medici, lo servì come medico e consigliere anche quando questi salì al soglio di Pietro col nome di Clemente VII. Rimase al fianco anche del pontefice successivo, vale a dire Paolo III, con il quale ebbe però un rapporto più complicato. Non a caso, sul finire della sua vita il Giovio preferì trasferirsi a Firenze, alla corte dei Medici.
Il buon Paolo Giovio mi perdonerà per questa biografia striminzita, ché la sua vita fu lunga ma soprattutto ricca di viaggi e di incontri. Assai colto, ebbe infatti modo di entrare in contatto con eminenti personaggi, quali il navigatore Antonio Pigafetta e l’artista aretino Giorgio Vasari. E proprio grazie alla sua vasta cultura e all’altrettanto estesa rete di conoscenze diede vita ad un progetto grandioso. Iniziò a collezionare ritratti raffiguranti uomini illustri, tanto contemporanei quanto appartenenti ad epoche passate. Pare che i dipinti fossero oltre 400, fedeli rappresentazioni di condottieri, artisti, letterati, filosofi, teste coronate e addirittura navigatori.
Capite bene che una collezione tanto ampia non poteva stare rinchiusa in poche stanze e dunque il Giovio ben pensò di farsi edificare una villa sulle rive del lago di Como. Dovendo darle un nome, optò per villa Museo, ossia dedicata alle Muse. Prevengo l’obiezione: la parola “museo” già esisteva da secoli, almeno dall’epoca in cui ad Alessandria d’Egitto era stata fondata la Biblioteca. E’ vero, ma il significato era diverso, visto che là rimandava a un luogo di incontro tra sapienti e non a una collezione d’arte. Insomma: l’accezione corrente, quella che usiamo di solito, arriva dalla villa gioviana, che peraltro nemmeno esiste più.
Ma le sorprese non finiscono qui. Paolo Giovio aveva infatti deciso di corredare ciascun ritratto con una breve biografia di ciascun personaggio e lui stesso intraprese la titanica impresa. La materia artistica doveva però essergli familiare fino ad certo punto, visto che il Vasari fu invitato dal cardinal nipote Alessandro Farnese ad occuparsi della storia degli artisti presenti nella collezione gioviana. Questo dettaglio è raccontato dall’aretino stesso nell’autobiografia contenuta nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti italiani. Dunque, se Vasari ci ha lasciato quella che viene considerata la prima storia dell’arte italiana, lo si deve al Giovio e al suo Museo.
Non solo: l’idea della collezione di ritratti piacque moltissimo e fece scuola. Fra gli altri, pure Cosimo I de’ Medici inviò a Como il pittore Cristofano dell’Altissimo onde avere una copia dei dipinti. Tuttora, visitando gli Uffizi, è possibile ammirare la cosiddetta “Serie Gioviana”, grazie alla quale possiamo capire come dovesse apparire la collezione originaria. Perché, purtroppo, a Como non rimangono più né la residenza del Giovio né i ritratti. La villa Museo fu demolita per lasciare spazio alla villa Gallia, ora di proprietà provinciale, mentre gran parte della raccolta fu dispersa dagli eredi dell’umanista.
I ritratti superstiti si trovano presso la Pinacoteca Civica di Como, museo che amo particolarmente. Oltre alla veduta che ho scelto come immagine per questo articolo, che naturalmente mostra la villa Museo, l’opera forse più degna di nota è quella raffigurante Cristoforo Colombo. Questo perché, si dice, è uno dei soli tre ritratti esistenti del navigatore genovese realizzati quand’egli era ancora in vita.
Quest’ultimo è un piccolo vanto ignoto ai più. Così come, purtroppo, la stessa figura di Paolo Giovio è conosciuta solo dagli specialisti. Un gran peccato davvero, vista la sua geniale intuizione!